A matter of Taste: la parabola di un foodtrend

Margo e HonestCooking.it inaugurano “A matter of Taste”, una rubrica sui trend nel mondo del food.
Di Margo Schachter

Pensavo che questo sarebbe stato il secolo del sesso. E invece è diventato il secolo della cucina”. Paolo Poli l’ha detta tutta, con la delusione di un ottantenne navigato: oggi il cibo è più fashion della moda, il cibo È la moda. È ovunque, ne parlano tutti, lo fanno tutti – più del sesso. E forse per questo ha ormai poco di rivoluzionario.

Ok, più che un incipit questo sembrerebbe l’epitaffio di una rubrica di foodtrend, ed invece è proprio da qui che ho deciso di cominciare. La tendenza, la rivoluzione, l’avanguardia nel food esiste eccome, nazionale o globale, ma non ha nulla a che vedere con cupcakes, hamburger e chef catodici. Non se ne abbiano a male i sostenitori, non disdegno i primi, adoro i secondi, e sono una teledipendente anch’io, ma le parole sono importanti.

Il cake design? In qualunque negozio di casalinghi. I donuts, al posto dei bomboloni nel bar sotto casa, colorati quanto i macaron al loro fianco. La pasta madre? Fortunatamente approdata nelle panetterie. Cupcakes, hamburger e chef, solo un esempio fra i più abusati. Definirli di tendenza è come andare a guardare le vetrine di Zara per sapere cosa sfilerà in passerella la prossima primavera/estate. Per quello c’è Vogue.
Oggi, adesso, siamo circondati e ci cibiamo di cose che erano di tendenza, sono di moda, e diventeranno OUT pure loro, come il cocktail di scampi o le spalline. Anni Ottanta.
Parlare di foodtrend significa raccontare qualcosa che sta per accadere, tracciarne la traiettoria e prevederne il successo. Un po’ come le previsioni del tempo, non le fanno mica guardando fuori dalla finestra, ma un po’ più lontano e con algoritmi che ne riescano a descrivere  un evoluzione. Ognuno ha i propri e ovviamente non sono una scienza esatta.

A matter of Taste, questione di gusti, o che dir si voglia, questione di (buon) gusto – perché le tendenze  del settore nascono per il palato di pochi, possono diventare “comune senso del sapore”,  nuovi classici, pop nell’accezione meno elegante del termine. Oppure svanire quanto una nuvola passeggera.
Il risotto con le fragole di Gualtiero Marchesi ha segnato i menù dei ristoranti per un decennio, e ancora riappare in qualche ardita reinterpretazione provinciale, come un déjà vu che spesso assomiglia più ad un sequel di Nightmare. Gli hamburger sono passati da cibo giovane e jovanottiano, all’emblema del junk food da demonizzare e boicottare, oggi sono deluxe e molto uptodate.  I cupcakes erano un cibo sconosciuto solo qualche anno fa, oggi è materia per nonne annoiate. Tutto scorre.

Quale the next big thing allora?
Sarà tempo di cibo religiosamente certificato, dello tsunami dei Qualitarian, dei nuovi BRIC della gastronomia, ci troveremo a fermentare e affumicare e impareremo a pronunciare parole come sriracha,  marshmallow, noodles e shashuka, kefir e chimicurri…  se non sapete di che cosa sto parlando, allora perfetto! Questa rubrica è la finestra che stavate aspettando su un panorama gastronomico ancora sconosciuto, perlomeno qui in Italia.
Mangeremo polpette, ormai sdoganate e verso la totale liberalizzazione, hot dog alta qualità, i donuts (creativi ), menù vegetariani. Quinoa, amaranto, alghe e farina fatta in casa domineranno le cucine dei cuochi naturali, la controtendenza dei carnivori indefessi si manifesterà nella rinascita delle steakhouse e dei BBQ casalinghi. Ci siederemo in ristoranti smart-casual e prenoteremo un tavolo irripetibile per un menù estemporaneo frutto della collaborazione fra chef. Ci guarderemo anche intorno, per vedere dove ci stanno portando le mode del momento, come non farlo?

Ma questo è sono un assaggio.

Riprenderemo proprio da Paolo Poli, per dargli una buona notizia: pare che questo sarà almeno il secolo del food-porn…

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