Margo ci parla di verdura intagliata, tirando in ballo l’arte, Ferran Adrià e il posticcio. A Matter of Taste è più irresistibile che mai.
Di Margo Schachter
Se la spuma di gamberi di Adrià è arte, allora lo sono anche la frutta e la verdura intagliata. Questioni di gusti? No.

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Un melone è frutta, almeno fino a quando qualcuno dopo due ore di minuzioso di cesello lo trasforma in un manufatto di arte applicata, effimero, edibile: indiscutibilmente merdaviglioso, o molto bello. A seconda dei punti di vista.
Non sto per rivalutare la pratica perversa nell’intaglio, non avvallerò lo sperpero di energie per la decorazione di cornucopie di carote e zucchine sulle navi da crociera, non farò alcun paragone fra le roselline di pomodoro e un cammeo in fine corallo rosa. Ma c’è un ma…
Ma un po’ di giorni fa ho pubblicato su Facebook una foto scattata al Macef, accompagnata solo da due parole: no comment. Ed invece i commenti sono arrivati. “Orribile, antico, ridicolo” hanno sentenziato due stimabili del food. “Una meraviglia” ha commentato mia zia (ultra settantenne). La “questione di gusti” era ufficialmente aperta e se quel melone poteva essere considerato orribile e meraviglioso non poteva che meritare un post in questa rubrica.
Esistono almeno tre aspetti con cui definire un’opera “artistica”: la tecnica, l’estetica e il significato. Dal pisciatoio di Duchamp in avanti l’arte occidentale ha separato di netto tecnica ed estetica dal significato, innalzando quest’ultimo sopra ad ogni cosa, rendendo l’idea più importante della realizzazione e indipendente da essa. Non basta più saper disegnare bene, anzi forse non serve nemmeno. Tautologicamente l’arte diventa arte “quando qualcuno la definisce tale”, e così largo ai ready-made esposti nei musei a fianco dei capolavori del Rinascimento. Entrambi indiscutibilmente Arte, con la A maiuscola.

Facendo un paragone culinario un cappone ripieno e una spuma di gamberi sono entrambi cibo, e se ben eseguiti possono essere la massima espressione dell’arte culinaria. Un arrosto é una Madonna con bambino, la schiuma molecolare di essenza di crostaceo, un’installazione concettuale con neon luminosi.
Il melone intagliato è stato cibo, sublimato fino ad assumere una forma nuova e un nuovo significato: non l’essere mangiato, ma osservato. Allo stesso modo un burroso gambero che diventa schiuma non ha più lo scopo di saziare, ma di far pensare.
Avere davanti agli occhi quel melone tutto tagliuzzato non suscita in me alcuna fascinazione, non mi appaga lo sguardo, non mi incanta i sensi, rapisce la mia attenzione per lo stesso morboso motivo per cui si guardano i film splatter. Assaggiare schiume mollicce dal sapore incerto che non fanno pensare a nulla, se non alla piadina che avresti potuto addentare, mi fa un po’ lo stesso effetto. Ma non mi fa trarre facili conclusioni: non mi sono mai seduta ad un tavolo a El Bulli e non ho mai potuto ammirare dal vivo le camelie d’anguria, le melanzane ricamate o i daikon scolpiti che fanno in Thailandia, in Cina o in Giappone. Mi sono beccata solo i parvenù del sifone e gli scultori da crociera, la brutta copia dell’originale, posticcia e taroccata, male. L’unica questione di gusto è rendersene conto, o meno.