Ammiraglia di Frescobaldi – “Archiviticoltura” per fuggire dalla città

Una visita alle tenute Frescobaldi in questo maggio piovoso regala comunque grandi soddisfazioni.
Di Neonila Siles

E’ vero, questo maggio non invoglia molto alle gite fuoriporta: un giorno piove, l’altro tira vento, poi ripiove ancora. Quando ho portato i miei amici a vedere le cantine di design in Maremma, una debole pioggerellina si alternava agli altrettanto deboli raggi di sole e io temevo che loro sarebbero rimasti un po’ delusi: non c’è niente da fare, il sole – è un potente alleato delle gite in campagna.

E invece no. Quando c’è un’opera d’arte da vedere, la cornice trova lo spazio che trova. E di opere d’arte ne abbiamo viste più di una: le due cantine d’autore, i vini che maturano pacificamente nei tini e nelle barrique, le file ordinate di vigneti che scorrono simmetriche verso l’orizzonte, le colline maremmane che evocano i ricordi delle vacanze meravigliose trascorse nel Belpaese.

All’Ammiraglia di Frescobaldi ci stavano aspettando nonostante ben due ore di ritardo – l’Aurelia è sempre imprevedibile. Fin dal portone, così in sintonia con il territorio, pur essendo fortemente moderno nel disegno, si percepiva la filosofia di questa tenuta dei Frescobaldi, sapientemente interpretata dall’architetto Piero Sartogo. Aperta nel 2011, si presenta moderna, fresca, rispettosa dell’ambiente e quasi eterea, sia nella struttura che nel modo di fare vino. Le cisterne supertecnologiche in acciaio sono allineate all’aperto sotto un porticato creato dalla copertura che sembra un lembo di terra che si alza verso il cielo per accogliere la cantina con tutte le sue funzioni. Se si prenota in anticipo, come abbiamo fatto noi, vi è la possibilità di mangiare con la vista mozzafiato sulle vigne e su un vecchio castello. La proposta del menu non è molto articolata ma più che interessante, trattandosi di angus argentino e di cinta senese del proprio allevamento, dell’eccellente olio Laudemio e, neanche a dirlo, del vino della tenuta. Il Sangiovese fa qui da protagonista, anche se la punta dell’Ammiraglia è un Sirah in purezza che porta lo stesso nome della tenuta.

Solo un’ora di strada e scorgiamo da lontano la torre rossa di quella che ormai, e a diritto, è menzionata nelle edizioni patinate di “Architecture & Wine”. Realizzata dalla star indiscussa dell’architettura italiana Renzo Piano per l’amico Paolo Panerai e inaugurata nel 2007, la Rocca di Frassinello non è altro che una moderna interpretazione dei castelli toscani che da secoli dominano le terre dove, con Cosimo dei Medici, è nata la contemporanea viticoltura italiana. Armoniosamente integrata nel paesaggio circostante, funzionalmente e tecnologicamente ineccepibile, nasconde nel suo grembo uno spettacolo unico al mondo, che si apre agli occhi come una visione, un miraggio: dietro la pesante porta di ferro verniciata di verde si cela un anfiteatro romano dove ospiti d’onore sono i promettenti vini di questa prima azienda vitivinicola italo-francese, con Rothschild Chateau Lafite che gioca per i francesi. Vitigni internazionali come Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot, Shiraz e anche, ovviamente, il Sangioveto locale, producono dei vini molto interessanti, tra cui il Baffonero (Merlot 100%), concepito con l’intendo di sfidare il famoso Masseto (”non per arroganza ma per il gusto della sfida” ©), già oggi supera i 100 euro a bottiglia.

Nubi e tuoni nonostante, ci siamo ripromessi di visitare anche altre perle di “achiviticoltura”, essendo queste bellissime mete per una breve fuga dalla routine della città e straordinarie fonti di buon umore.

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