Basta una Indus Pride per farti sentire un vero indiano

Storia di un avventuroso arrivo in India e della bevuta di una nuova birra: la Indus Pride.
Di Maria Alessandra Tioli

Quasi 18 ore di volo, barba lunga e caviglie gonfie, ma eccomi arrivato a Mumbai, India, il sogno di una vita, fin da quando, piccolissimo sfogliavo un libro di mio padre, un vecchio Salgari con una possente tigre in copertina. Sono passati forse venti anni, ma eccomi qui, col mio motto in testa, ‘volere è potere’, certo che se non avessi conosciuto Amit, un ragazzo indiano, l’estate scorsa, forse adesso sarei ancora una volta a Fregene, con mamma, papà e zia Augusta che ci ospita ogni anno nella sua casetta al mare. Amit ed io ci siamo stati subito simpatici, e mi ha fatto conoscere più cose lui di Roma , che sarebbe la mia città, in pochi giorni, di quante ne avessi viste in tutti i miei ventott’anni. Il suo invito a Mumbai, a casa sua, per una vacanza mi ha catapultato in uno stato emotivo di frenesia maniacale, che mi ha impedito per giorni di pensare ad altro, finchè non ho avuto in mano il biglietto del volo, che suggellava definitivamente e con certezza la mia partenza.

Mostro al taxista sorridente un biglietto stropicciato con l’indirizzo che Amit mi aveva inviato, e finalmente mi rilasso, ipnotizzato dalle decine di oggetti che  penzolano dallo specchietto retrovisore e mi godo, si fa per dire, il lungo viaggio, incolonnati in una interminabile fila verso la città. Arrivo che è quasi l’imbrunire, Amit mi aspetta sulla porta, sembra agitato, impaziente, probabilmente di incontrarmi.

Spalanca la portiera, strappa lo zaino dalla macchina e come una furia mi trascina in casa: l’unica cosa che capisco è ’bollywood’. Bollywood? Quale, quella dei film? Neanche mi risponde e mi presenta, come in un film di ‘Ridolini’, ad altri due ragazzi indiani, ed in pochi secondi mi trovo pigiato in una piccolissima automobile, diretti verso chissà dove. Passano almeno dieci minuti di frenate ed accelerate, e frasi incomprensibili lanciate dal finestrino e finalmente Amit si gira, mi guarda e scoppia a ridere. La risata solitamente è contagiosa, infatti gli altri ragazzi ridono con le bocche spalancate, io appena sorrido ma sono perplesso. ‘Si va a Bollywood, mi dice Amit, negli studios…..c’è il party di presentazione di un nuovo film……panico, non ho niente da mettermi, penso, e le scarpe da ginnastica puzzano, ……..cercavano 4 camerieri assolutamente indiani, per il lancio di una nuova birra la ‘Indus Pride’. Ma veramente…. lavorare, dopo quasi 20 ore di viaggio, e poi mica sono indù. Tu non parlare, tieni la testa bassa e poi vedrai che ‘l’ abito fa il monaco’. Entriamo dal retro di un grande capannone e in pochi secondi indosso una divisa, non so certo da cosa,sembro un domatore, il segretario di un maragià, non certo un cameriere, comunque mi specchio, e grazie all’abbronzatura di Fregene, le origini sicule di mio padre e i baffi che mi sono fatto crescere dopo che Manuela  mi ha lasciato, porcaccia….. sembro proprio un indiano.

Vassoio e tovagliolo poi sono spinto di forza oltre una tenda, verso un numero pazzesco di bottiglie di birra.

La ‘Indus Pride’ mi informa Amit è una nuova birra, da poco sul mercato, prodotta dalla SABMiller, un colosso delle bevande in tutto il mondo. E’ un prodotto totalmente indiano, il logo, il nome, e gli aromi, 4 per il momento, giusti per gli abbinamenti ai piatti speziati e profumati della cucina indiana. Possiede un gusto nettamente indiano, ‘agrumata al cardamomo’ da abbinare ai piatti di carne più carichi di sapore, e intanto ne assaggiamo una così, intanto per cominciare a capire. Poi quella al ‘coriandolo’ con un vago sentore di pioggia monsonica. Cosa vorrà dire Amit? Pioggia? Meglio provare, naturalmente per capire, poi la sorella al ‘finocchio’, con un pizzico di peperoncino e noce moscata. ‘ Toni legnosi e piccanti’ leggo sulla bottiglia, aroma curioso, che dici Amit, proviamo?

Parte il servizio e veniamo risucchiati un una sala gremita da personaggi circensi, attori, comparse, un vero circo equestre. La testa mi gira, un po’ la birra, forse i profumi delle pietanze che girano su grandi vassoi, forse i colori, ma soprattutto i personaggi, che così pazzeschi e assurdi avevo incontrato solo nei libri di Salgari. Mancava la tigre, ma me la sono sentita alle spalle per tutta la notte.

Non era l’alba, ma quasi, quando ci siamo rimessi in auto, verso casa. Forse sono quasi due giorni che non tocco il letto, ma la stanchezza è altrove, forse rimasta in Italia. Amit, preciso, mi dice, la quarta birra è la mia preferita, alla ‘cannella’ con una punta piccante e un tocco di tamarindo, togliendo dalla tasca le bottigliette, per brindare al nuovo giorno.

Credo che non dimenticherò la mia parentesi indiana, anche perché, prima di partire, su una bancarella, ho comprato un vestito da cameriere, usato, ma mi andava a pennello. E poi, una volta a casa, ho voluto una foto, di me, cameriere per una notte, sulla spiaggia di Fregene. In saccoccia avevo l’ultima bottiglia di ‘Indus Pride’ , così, tanto per brindare.

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