Elena ci racconterà Cuba e la vita di cuba in quattro articoli, tra musica e cucina. Questa è l’introduzione al suo viaggio.
Di Elena Ogliari
Chiudi gli occhi. Dimentica gli abiti ingessati e il caos del traffico, la brioche e il succo d’arancia a colazione, il lusso del getto scrosciante della doccia, i cartelloni pubblicitari agli angoli delle strade, l’asfalto regolare e lo stress della velocità. Lasciati alle spalle il cellulare, la tv multicanale, la pluralità di internet e con esse anche la libertà di sapere e di scegliere.
Immagina le auto ferme agli anni ‘50, l’umidità che penetra nelle fibre, le distese di verde rigoglioso e gli acquazzoni che come arrivano se ne vanno, il ritmo vibrante della salsa e quello fin troppo lento della vita aromatizzata al rhum, il profumo intenso di spezie e frutti esotici (quelli veri), dei sigari e dello smog, i colori vivaci aggrappati a palazzi decadenti, il mito sempiterno della Revoluciòn e la speranza di un cambiamento che sembra non arrivare mai, come un Deserto dei Tartari che culla i suoi abitanti senza svegliarli mai.
Non perdere gli sguardi degli adulti, i sorrisi dei bambini, i volti sinceri e le parole sottovoce rubate al Regime.
Apri gli occhi, questa è Cuba.
Atterrati sull’isola più grande dei Caraibi l’aria umida e pura ti investe, ma in realtà il respiro di Cuba è un fiato pesante che lascia aprire poco i polmoni e permette solo di sospirare. La politica e il regime ti scrutano da lontano ma ti accompagnano sempre con i manifesti di propaganda …, l’indottrinamento cresciuto di pari passo con l’istruzione, l’ignoranza imposta e il segno della Revoluciòn che emerge in ogni piazza, in ogni discorso, in ogni attrazione storica.
La povertà, che tutto tocca come un oscuro Re Mida, si trasforma in lavori alternativi: così gli ingegneri si reinventano taxisti, i medici si scoprono commessi in negozi per turisti, dagli atri delle case spuntano punti ristoro e botteghe di artigianato, e le studentesse si prostituiscono per assaggiare un po’ di benessere. A Cuba tutti lavorano ma nessuno fa carriera, tutti hanno una casa ma nessuno la possiede perché è lo Stato che decide per te.
Le ore passano per aspettare un bus pubblico, così è più facile incontrare camion carichi di persone ammucchiate sul cassone oppure vedere autostoppisti con una banconota in mano. Qui la necessità si è fatta virtù e chi chiede un passaggio lo fa pagando così da incentivare l’automobilista a fermarsi.
Nonostante le difficoltà, il sorriso è il regalo della vacanza: sarà la musica che si riconosce in ogni città, la danza che appartiene naturalmente a tutti, la compagnia che solo 16 persone che non si conoscono possono creare, le risate fino alle lacrime, i trasferimenti infiniti, i cin cin che scandiscono le tappe, i colori, i sapori, gli incontri e i racconti.
I colori investono anche la cucina criolla, un mix tra tradizione spagnola e africana molto lontana dalla nostra, ma per questo ancora più degna di nota. Scelta un po’ limitata e tanto fritto, poca verdura e molti frutti tropicali (ananas, banana, mango, papaya, guyaba). A colazione frittata o pane con prosciutto e formaggio, il trio ananas-mango-papaya, un po’ di pane tostato e succo rigorosamente di mango. In tavola sono sempre presenti moros y cristianos (riso e fagioli neri), riso bianco come contorno, pesce fritto o alla griglia (in particolare langosta y camarones – aragosta e gamberi), puerco asado (maiale arrosto), yucca (una specie di patata molto sostanziosa), avocado a fette e il fufù (purè di banane con olio e aglio) oltre alle chicharritas (fettine di banane fritte) da stuzzicare.Sempre presente el Ron, dall’internazionale Havana al Matusalem di Santiago de Cuba è il segreto di mojito, pina colada e daiquiri.
Sembra l’Italia degli anni ‘50 con le strade e i palazzi da ricostruire, le donne con i bigodini prestati da rotoli di carta igienica e le tv accese tutte sullo stesso canale. Da un anno sono stati autorizzati i cellulari ma nessuno li usa perché c’è solo un costosissimo operatore, da gennaio sono state aperte le frontiere per la migrazione ma nessuno parte perché i voli sono fuori portata. La storia è il personaggio principale, il miglior attore protagonista, è un velo pesante calato sugli occhi di chi qui è nato e qui probabilmente resterà tutta la vita anche se crede e aspetta il cambiamento.
Cuba è un abito da sera usurato ma ancora d’alta moda, dai colori invecchiati ma sempre vivi, adatto a ballare i ritmi di salsa tra fumo di Cohiba e le note dei Buena Vista Social Club, appoggiato sul sedile di una vecchia Chevrolet rombante che sorpassa le carrozze trainate da cavalli ormai stanchi.