Ultima parte del viaggio di Elena a Cuba. Da Baracoa a Vinales prima del rientro a casa.
Di Elena Ogliari
Sembra di essere partiti ieri, invece abbiamo già percorso (e rincorso) metà dell’isola. Sembra di conoscere i miei compagni di viaggio da sempre, come gli amici, invece ci siamo visti per la prima volta giusto una settimana fa. Viaggiare fa miracoli, cambia le prospettive, sovverte i canoni di tempo e spazio.
La Farola è un susseguirsi di buche su uno sterrano che a fatica cerca di portare da Guantanamo a Baracoa, una cittadina sul mare che resterà nei ricordi per quello che abbiamo ribattezzato l’”amaro del poeta”. “Amaro” perché a fine cena un rigolo di rhum e succo di canna da zucchero ci sono stati spremuti direttamente in bocca, “del poeta” perché è il nome del ristorante che ci ha ospitato per due cene: una a base di cucina tipica cubana con l’aggiunta di latte di cocco e la seconda per una serata all’insegna del puerco asado (leggi spiedo). Ovviamente l’amaro ha fatto il doppio giro.


Il regalo del Poeta è stata una sfera di cioccolato pressato dal profumo inebriante, avvolta in una semplice carta di giornale, che sarà la mia riserva per tutto inverno magari grattugiata nel latte caldo.
Vale la pena guadare un fiume con l’acqua fino a mezzo busto per arrivare alla cascata Saltadero, 17 mt di salto con arrivo in una piscina naturale con foresta a sfioro. Per arrivarci, un’ora circa di trekking passando in rassegna tutta la flora dell’isola, tra banani, alberi del cacao, del caffè e del pane. Proprio dall’albero del pane arriva la merenda: chips rigorosamente fritte con un bicchiere di latte e cacao, come sfondo la povertà dignitosa di un contadino e della sua famiglia…si, stupendo.
Ora ci aspettano finalmente tre giorni di mare, di quello che speri sia come nelle cartoline, con la palma e il cocco, di quelli che ti fanno dire “ecco il famoso Mar dei Caraibi”, di quelli che ti fanno pensare di mollare tutto e aprire un bar sulla sua riva. Guardalavaca è l’aperitivo ad una lauta cena, destinazione con resort economici preferita da tanti turisti cubani in vacanza. Il mare anche stavolta non ci regala il suo aspetto migliore, ma ci stuzzica l’appetito perchè sappiamo che la prossima tappa sarà diverso.

Si parte alla volta dei cayos, le isolette a nord di Cuba che regalano alcuni tra i più bei paesaggi mai visti.

Eccola è lei, passiamo qualche fila di palme e si presenta davanti a noi come un palcoscenico dietro il sipario. Playa Pilar a Cayo Guillermo, definita la più bella spiaggia di Cuba, è deserta. Sono le 9 del mattino e siamo soli su questa distesa di farina davanti ad un mare di vetro con un colore che può esser definito solo “blu dei Caraibi”. Queste sono le alte dune che hanno fatto innamorare Hemingway, mentre sul nostro viso finalmente si apre il sorriso di chi si vede in una foto da cartolina. L’acqua è calda e si sta ammollo come i bambini momenti che sembrano infiniti, fino a quando il chiringuito sulla spiaggia (c’è anche lui) apre i battenti. Allora tra un cocco aperto a colpi di macete, un mojito e una pina colada frullata al momento ci godiamo questo paradiso, ringraziando il cielo e la terra di essere qui e ora, soli e al sole. Quando i sogni diventano realtà.

È sera quando arriviamo a Cayo Coco, nel villaggio-all-inclusive che ci ospita per due giorni di rilassante far niente, come vogliono le località più turistiche. Le secche schiariscono il mare, la compagnia colora le giornate tanto da improvvisare una lotta in spiaggia e la conquista dell’isola in una finta Revolucion..le risate invece sono vere, fino quasi allo svenimento. 48 ore fantastiche, tra tempeste tropicali e sole dei Caraibi, assalti di mosquitos e note al pianoforte, infortuni inattesi e finti psichiatri. Ma come sempre la compagnia è il sale e l’uovo del viaggio, insaporisce le giornate e lega tutti in un impasto.
Tornando verso L’Havana facciamo tappa a Santa Clara, famosa per il Mausoleo di Che Guevara che ospita da un lato i resti dei 29 compagni di guerriglia ritrovati nel 1997 in Bolivia, dall’altro un museo dedicato alla storia del Che dall’infanzia al trionfo della Revolucion. Una fiamma eterna illumina i volti dei combattenti chiedendo il rispetto che per anni non hanno avuto. Tanti turisti ma anche tantissimi cubani, come in tutti i luoghi della storia. Davanti al mausoleo, una piazza circondata da un surreale silenzio sovrasta la cittadina e rende omaggio all’Argentino con una statua, devo dire poco somigliante. Davanti, due manifesti che inneggiano all’emulazione dell’eroe della guerriglia. Hasta la victoria siempre.

Prima di rientrare ci spostiamo per l’ultima tappa, ancora più a ovest. La provincia di Pinar del Rio, una delle più selvagge, ci accoglie tra pini marittimi e spettacolari mogotes, picchi rocciosi che emergono come iceberg dalla pianura e regalano un paesaggio mai visto prima.

Come moderni cow boy su cavalli un po’ malmessi ci addentriamo nella valle di Vinales, una depressione che alterna piantagioni di tabacco a grotte seminascoste che non hanno sinceramente nulla da invidiare alle nostre Frasassi o Castellana. Lo spettacolo lascia comunque a bocca aperta per i colori e la particolarità della natura. Non manca una visita ad un artigiano produttore di sigari che ci spiega, più con la manualità dell’esperienza che con le parole, la preparazione lenta e meticolosa dalla scelta delle foglie all’assemblaggio.

Ancora due giorni a La Havana per salutare la città e digerire un viaggio che è stato più di una vacanza, e che quattro articoli e qualche foto non hanno reso come solo la realtà può fare.
Cuba è l’isola di mezzo, terra del paradosso che si è fermata a guardare il mondo correre lontano, lo stesso mondo che l’ha sedotta e abbandonata e ora la scruta scettico ma curioso, compassionevole ma a volte invidioso. E dall’altra parte lo sguardo che ritorna rappresenta il contrasto tra chi non ha nulla e vorrebbe tutto, chi chiede libertà ma sembra dire di credere ancora nel sogno della Rivoluzione.
Più di 3000 km in due settimane, posti diversi quasi ogni notte, tanti visi e grasse risate, escursioni nella foresta e trekking fino alle cascate, bagni da sogno nel Mar del Caribe e camminate sotto l’Equatore nelle città, tante ore di viaggio e troppo poche di sonno, 16 persone diventate naturalmente un gruppo stupendo. Tornare più stanca di prima ma con il sorriso stampato di chi dice trasognante “è stato il viaggio più bello della mia vita”.
…mojito?