Dal pasto monoporzione al social eating: chi vincerà?

Se i fan del pasto in solitudine sfidano gli amanti delle allegre tavolate in compagnia: chi vincerà nella gara del piacere culinario?
Di Alessandra Storti
Quante volte vi sarà capitato di mangiare al ristorante da soli? Una, due, tre volte, spesso o forse mai?
C’è chi, come Margherita Buy, donna in carriera felicemente single protagonista nel film “Viaggio sola”, lo fa spesso per lavoro.
Ma se non ci facciamo tanti problemi a mangiare da soli quando siamo fuori per affari, più difficile è farlo per il semplice piacere di uscire e regalarsi un’ottima cena, a frenarci è un’inspiegabile imbarazzo, frutto di vecchi pregiudizi duri a morire.
Ebbene ad Amsterdam c’è chi, invece, ci sta prendendo l’abitudine o, meglio ancora, ci sta prendendo gusto. Nella capitale olandese il 27 e 28 settembre torna, per la terza volta, Eenmaal (letteralmente “una porzione”), il primo one-person temporary restaurant dove il pasto è un piacere decisamente solitario.
Che ci scappi un tete-a-tete o addirittura una reunion di simpatici amici è praticamente  impossibile: ogni tavolo (una decina in tutto) è composto da un unico posto.

Del resto i clienti sanno bene a cosa vanno incontro: l’esperimento, che finora ha riscosso notevole successo tanto da spingere l’ideatrice, la social designer Marina van Goor, a mettere in cantiere un terzo appuntamento dopo il tutto esaurito delle prime due date, nasce con l’obiettivo di restituire piena dignità al piacere di mangiare da soli, al ristorante o in qualunque altro luogo pubblico, sdoganandolo da vecchi e limitanti tabù.
Da “Eenmaal you are your own company” così recita la pagina facebook: qui, dunque, il vero protagonista è il pasto, le chiacchiere fra amici  e lo scambio di convenevoli non renderanno più succulenta la vostra bistecca né più appetitoso il dessert, al contrario potrete gustarvi ogni boccone in santa pace e in piena quiete, dedicandovi ad un’unica cosa…voi stessi.

Ma se da una parte c’è chi si ingegna a dimostrare che “mangiare in solitudine è una buona cosa”, dall’altra parte dell’universo culinario, o meglio agli antipodi, c’è  chi considera il piacere della socialità come un aspetto imprescindibile del pasto.
Come spiegare altrimenti il successo delle applicazioni di social eating come Gnammo o NewGusto o il recente fenomeno delle Hidden Kitchen e delle loro cene segrete?
Cosa spinge infatti tantissimi appassionati di cucina a organizzare succulente e impegnative cene per perfetti sconosciuti scegliendo di condividere con loro la propria cucina oltre che le proprie abilità culinarie e altrettanti amanti della buona tavola ad accettarne l’invito, se non il piacere delle chiacchiere fra commensali?
Sembrerebbe proprio che l’emozione dell’incontro non sia un componente secondaria in questi casi ma che, anzi, la cucina non sia altro che un’ottima scusa per stare a tavola in buona compagnia e fare nuove conoscenze. Sembrerebbe proprio, diciamolo pure, che in questi casi, la cena non sia affatto il fine quanto il mezzo.

E allora, in conclusione, se mangiare non è solo nutrirsi ma un vero e proprio piacere, qual è il modo migliore per godersi le prelibatezze dello chef?
In beata solitudine, come propone qualcuno, attorniati solo dal rumore dei propri pensieri o riuniti intorno ad una vivace tavolata tra festose risate e amabili conversazioni?
Ch ha torto e chi ha ragione? Tutti e nessuno, molto probabilmente.
Quello che c’è di buono, in realtà, è che oggi potete fare ciò che più vi piace anche a tavola. Come gustarvi la cena lo decidete voi, che sia da soli, con la vostra dolce metà, in compagnia di amici o tra perfetti sconosciuti.
E anche questa, in fondo, è una piccola rivoluzione democratica.

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