Eat. Walk. Love. – Alta Badia enogastronomica

Più che un’uscita estiva in montagna una vera esperienza fatta di enogastronomia, vere camminate, amore e memoria. L’Alta Badia secondo Ilaria.
Di Ilaria Maggi

Eat. Walk. Love
Un’estate fatta di cieli stellati, di sussurri, di tempo ritrovato. Fatta d’ispirazioni, di divagazioni, di scarpe consumate, di piccoli piaceri. Di vera bellezza, nella semplicità.
Niente fronzoli – un sorso di birra ghiacciata dopo aver conquistato la vetta –, niente intingoli – burro fuso a parte –, niente programmi. La mia estate sa di aria tersa, di erba bagnata, di legno e di formaggio. Sa di camminate, di buoni propositi, di sapori ruvidi, ma genuini.
Una terra, quella dell’Alta Badia, che già conoscevo bene; reminiscenze d’infanzia con un padre che mi ha fatto amare ogni sentiero, apprezzare il gusto di arrivare in cima. Sarà per questo che ho sviluppato un amore smisurato per quelle soste distesi sui prati o seduti attorno a quei tavoloni in legno, assaporando ogni attimo, riempiendo gli occhi di quel verde intenso, di quel silenzio intorno. Si tocca il cielo con un dito, basta poco per essere felici.
In questo pezzo di estate ho scoperto di avere una seria dipendenza da birra Weiss – qui ha tutt’altro gusto, diciamocelo -; di essere perdutamente innamorata del formaggio di malga, e ancora di più di quelle confetture che lo accompagnano -; che lo strudel in Alta Badia è diverso – testato ogni giorno, per fare un’analisi assolutamente empirica – e che somiglia molto di più a una torta di mele; che non si riprende una camminata senza “farsi” un grappino – mela verde, prugna, albicocca, chi più ne ha, più ne metta, a vostra discrezione, tanto si torna a casa a piedi –.
Ho provato un’insalata di finferli, pancetta e canederli pressati da imparare, copiare e gustare in una serata d’autunno (vedi L’Murin); ho preso atto che le costolette di maiale – ancor più se spennellate al miele – si mangiano rigorosamente con le mani; ho pensato che le porzioni sono pantagrueliche, ma a noi piacciono cosi. Ho assaggiato uno dei piatti stellati in rifugio –insalata di rape rosse con mele essicate, cipolla di Tropea e speck (vedi Rifugio Scotoni) –; ho scelto il maso dove prima o poi verrò a vivere, tra mucche e prati fioriti; ho deciso che qui la gente è genuina, come la cucina, e che un tagliere di speck, con una buona birra e quel pane nero che nasconde il finocchio, basta a rendere felici.

Il rifugio Scotoni, le sue grigliate e il piatto “stellato”

Delizioso il Maso Runch, un concentrato di “ladinità”.. ma non esagerate con le frittelle, altrimenti non riuscirete ad arrivare alla fine…

Vademecum per avventori golosi e un po’ ostinati (alcuni posti sono da raggiungere rigorosamente a piedi):

–       L’Murin, Corvara: è l’osteria del vicino hotel La Perla (che possiede il ristorante stellato La Stüa de Michil); pare fosse un vecchio mulino, gli interni sono in legno, il padrone di casa vi racconta personalmente il menu scritto su una lavagna e, a fine cena, non manca di farvi assaggiare la grappa della casa. (ps. ha scalato la mia personale classifica di posti del cuore, meriterebbe un post a parte) www.hotel-laperla.it/it/ristori/murin-osteria/13-25.html
–       Maso Runch, loc. Runch, Badia: dall’antipasto al dolce, un excursus attraverso la cucina ladina – dai turtres, tipiche frittelle ripiene di spinaci e ricotta oppure di papavero e marmellata, allo stinco con polenta – immersi in un’atmosfera d’altri tempi, fatta di legno intagliato, di stube, di quadrettoni rossi. www.masorunch.it/dev/ristorante.php
–       Utia (rifugio) Punta Trieste, Corvara: le sue costolette di maiale sono rinomate in tutta la vallata, il panorama poi fa la differenza. www.sporthotel-panorama.com/it/inverno/punta-trieste/108-0.html
–       Rifugio Scotoni: si accede la griglia alle 11.30 del mattino e da allora si susseguono salsicce, costolette, filetto Nebraska, rigorosamente con polenta (meglio se con formaggio fuso) e verdure grigliate. Si raggiunge da San Cassiano oppure dalla cima del Lagazuoi, dove si arriva in funivia.
–       St. Hubertus, San Cassiano: regno dello chef stellato Norbert Niederkofler, lo intervistai tempo fa durante la Chef’s Cup (da lui organizzata insieme agli altri due chef DoloMitici, ogni anno a gennaio) e ricordo ancora le sue parole: “la cucina è una fonte che non si esaurisce mai”. www.rosalpina.it/it/ristorante-st-hubertus.htm
–       La Sieia, San Cassiano: per provare i formaggi di malga e tutte le specialità del Maso Luch Da Pcei; il nome significa segheria e l’ambiente non tradisce. www.lasieia.com

Scroll to Top