Grande tra i grandi: Barolo 1999

Ci mancano ancora i nostri giorni a Venezia, ma soprattutto pensiamo sempre al buon  vino: qui vi raccontiamo una degustazione speciale.
Di Marco Dall’Igna

Il programma dei laboratori dedicati al vino in questa biennale era veramente ampio, farli tutti era impossibile per cui, con sommo dispiacere mio e del mio palato, ho dovuto fare un’attenta selezione. La scelta, come potete immaginare, è stata veramente ardua; ma sin da subito mi è parso chiaro a quale degustazione non avrei potuto mancare per nulla al mondo, quella che vi sto per raccontare, quella sul Barolo 1999.

Il Barolo è un vino meraviglioso, unico, uno tra i migliori rossi d’Italia se non il migliore in assoluto. Un vino che  necessita di tempo; tempo per evolvere, per maturare, ma, attenzione, non per essere pronto, perché il Barolo è un vino che non è pronto mai. Un vino quindi a cui non interessa essere di facile lettura, che va capito, aspettato, ma che sarà in grado di dare, se si ha la giusta pazienza, delle emozioni uniche, quelle emozioni che solo i grandi capolavori sanno regalare.

Capite bene quindi che si trattava di un’occasione unica ed irripetibile per confrontarsi, a 14 anni dalla sua vendemmia, con un monumento dell’enologia mondiale.

La degustazione è stata guidata da Giancarlo Gariglio, curatore della guida slow wine, e ha visto come protagonisti sei meravigliosi Barolo che rappresentano il meglio dei principali comuni della più importante Docg piemontese.

Prima di passare alla degustazione aspettiamo che tutti i sei vini ci vengano serviti nel bicchiere; Gariglio ne approfitta quindi per fare una panoramica sull’annata 99 in Barolo. Un’annata strepitosa, che però all’inizio non ha ricevuto i giusti riconoscimenti in quanto oscurata dalle osannate,sopratutto dalla critica americana,  97 e 2000. A quattordici anni di distanza dalla vendemmia possiamo affermare con certezza che gli americani siano incappati in una topica clamorosa, perché allo stato attuale la 99 si dimostra nettamente superiore sia alla 97 che alla 2000. Alla base di tale errore sta la convinzione, tutta americana, che un’annata per essere veramente eccezionale debba essere calda; ma il nebbiolo è un’uva che mal sopporta il caldo.

La 99, che ha visto la raccolta delle uve nella seconda decade di ottobre, ha potuto godere di condizioni climatiche estremamente favorevoli, con poche piogge e con i mesi di settembre e ottobre molto secchi.

Dopo questa interessante premessa è finalmente giunto il momento che tutti attendavamo, i sei bicchieri innanzi a noi sono stati riempiti; la degustazione può quindi iniziare!

Il Barolo chiamato ad aprire le danze è il Bricco Gattera 1999 di Cordero di Montezemolo. Questa azienda, situata nel comune di La Morra, è una delle più storiche delle langhe ed i suoi vini sono caratterizzati da una grande facilità di beva in gioventù; vediamo ora come se la cavano con la tenuta nel tempo. Vigna gattera è una vigna con un suolo leggermente più sabbioso degli altri che solitamente fa uscire molto bene i profumi sin dalla giovinezza e conferisce un tannino più moderato. Questo vino , che affina per 18/20 mesi in piccole botti di rovere francese, generalmente punta più sull’eleganza che sulla longevità, ma il primo assaggio ci fa capire di essere davanti ad un prodotto veramente in forma. E’ presente una leggera tonalità di tostatura (cacao,caffè) ma piacevole e ben sposata con i sentori classici del barolo come la rosa appassita.

La degustazione prosegue con il Barolo Cannubi Boschis 1999 di Sandrone. Luciano Sandrone è stato il cantiniere dell’azienda Marchesi di Barolo fino al 1978, anno in cui inizia a vinificare in proprio dopo aver acquistato un terreno. Il Cannubi Boschis, che affina 24 mesi in tonneaux di rovere, è un vino che non punta tanto sul tannino e sulla potenza ma piuttosto sull’eleganza. Purtroppo però sin dal primo impatto tale Barolo desta qualche perplessità; non tanto alla bocca, che è ancora abbastanza vitale grazie ad una buona acidità ed a un buon tannino, quanto al naso dove si avvertono sentori di liquirizia e carruba, chiari indizi di un vino che ha iniziato la sua parabola discendente.

La delusione data da quest’ultimo vino viene immediatamente spazzata via dal Barolo Vigna Elena 1999 di Cogno. Elvio Cogno è stato per trent’anni anima e testa dell’azienda Maccarini, fino al 1990 quando ha acquistato lo splendido cascinale storico nel comune di Novello, successivamente ristrutturato e riportato ai fasti di un tempo. Il Vigna Elena mi ha veramente colpito; appena appoggiato il naso al bicchiere un incredibile sentore di viola mi è esploso nelle narici. Solitamente tale timbro è molto presente nella giovinezza del Barolo per poi svanire nel corso degli anni, avvertirlo così nitidamente a quattordici anni di distanza dalla vendemmia denota una freschezza entusiasmante di questo vino; in bocca il tannino c’è ancora tutto ed è particolarmente intenso, chiaro indizio di una incredibile potenzialità di invecchiamento di questo Barolo. Pochi giri di parole insomma, si tratta di un prodotto veramente eccezionale.

Siamo dunque arrivati a metà strada, tre sono i vini che rimangono e il bicchiere successivo ci porta in dote il Barolo Rocche 1999 di Vietti. Vietti è un’azienda storica con sede nel comune di Castiglione Falletto e che deve le sue fortune a Alfredo Currado, il quale fu il primo, alla fine degli anni 50, a selezionare e vinificare uve provenienti da singoli vigneti, concetto a quel tempo radicale ma oggi applicato da quasi tutte le aziende che producono Barolo e Barbaresco. Nascono così nel 1961 i primi “crus” Vietti, il Barolo Rocche ed il Barbaresco Masseria. Era anche soprannominato il “padre dell’Arneis”,  poichè nel 1967 fu il primo a riscoprire questa varietà quasi scomparsa vinificandola in purezza. Oggi l’Arneis è il vino bianco più famoso dell’area Albese. Il Barolo Rocche che ci troviamo davanti ha un’integrità perfetta, un naso elegante ma non esplosivo ed in bocca possiede una freschezza ed una acidità sbalorditive.

Con il quinto e penultimo bicchiere proviamo il Barolo Riserva Runcot 1999 di Elio Grasso. Questo vino è stato ideato dal figlio di Elio,Gianluca, e si differenzia dagli altri Barolo dell’azienda anche per la modalità di affinamento: in barriques di rovere francese per il Runcot e in botti di rovere di Slavonia da 25 ettolitri per gli altri. Al naso è senza dubbio il più vario tra i prodotti provati sino ad ora, ha una bocca vellutata e cremosa ed uno straordinario tannino setoso.

Concludiamo questa splendida carrellata con il vino più atteso, il “bolide” che tutti stavano aspettando:il Barolo Cascina Francia 1999 di Giacomo Conterno. Conterno ,considerato il più grande produttore delle Langhe, fino al 1973 comperava le uve da terzi per poi vinificarle, fu il figlio Giovanni ad acquistare il vigneto a Serralunga, nella zona più alta e più estrema della denominazione, in un territorio che regala tannini possenti. Con un pizzico di quella soggezione che spesso si ha nei confronti dei grandissimi mi accingo quindi a degustare questo rinomato Barolo. Capita qualche volta, che le grandi aspettative che si creano attorno ad un vino vengano poi deluse dal suo assaggio; non è questo sicuramente il caso del Cascina Francia. Un vino strepitoso che in bocca è armonia allo stato puro , con un tannino che allunga la beva e con essa il compiacimento del degustatore. Insomma non serve girarci intorno, si tratta di un vero e proprio capolavoro.

Dopo essermi accertato che nei bicchieri non fosse rimasta nemmeno una goccia lascio la sala assolutamente soddisfatto e con una ben ponderata convinzione:  se il Barolo sia o non sia il miglior vino italiano non lo so e,in fondo, non mi interessa; quello che so è che per questo vino io ho un’assoluta e totale adorazione e spero di poterlo incontrare nuovamente molto presto.

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