Luca è stato al Festival Franciacorta 2014 sabato 20 settembre e ha scelto di visitare tre cantine della zona: Faccoli Spumanti, Barone Pizzini e Il Mosnel. Qui ci racconta la sua giornata: vini, persone e luoghi.
Di Luca Maruffa (foto di Eleonora Augusta Parodi)
Il weekend del 20 e 21 settembre è stato quello di Festival Franciacorta, tra ristoranti aperti e attivissimi, eventi guidati e cantine aperte, ho dovuto fare delle scelte: tre sono state le cantine che ho visitato. In una giornata non avrei potuto fare di più, per motivi di tempo e non solo. Ciò che più mi preme è conoscere i produttori, comprendere non solo dalle loro parole, ma anche dalla loro ospitalità e dalle loro attitudini, l’essenziale che sta alla base del loro vino e che cosa, nel loro vino, è unico e diverso dagli altri. Già, perché le strutture, le persone e le storie si ritrovano distillate e cristallizzate in una bottiglia di vino non tanto nei suoi pregi e difetti “ufficiali”, ma in quelli autentici, in quella che vorrei definire la “vita del vino”.
Sono qui, senza perdere altro tempo, a raccontarvi della visita a tre realtà della Franciacorta … E quasi dimenticavo dimenticavo di dirvi che in occasione di questa giornata abbiamo testato una nuova macchina fotografica: la Samsung, X300. Troverete le considerazioni tecniche della fotografa che ci ha accompagnato su Foto Notiziario. Le fotografie, invece, le vedrete qui sotto.
Quali cantine ho scelto?
Faccoli: piccola realtà di cui amo senza riserve alcuni prodotti.
Barone Pizzini: incuriosito dalla ricerca che l’azienda fa sul biologico ho deciso di fargli visita.
Il Mosnel: produttore rinomato, attentissimo alla promozione della cultura del territorio franciacortino.
Sono circa le undici e arriviamo in Franciacorta. Abbiamo appuntamento da Faccoli con alcuni amici. Sappiamo quello che ci aspetta: a Claudio Faccoli non manca certo il dono dell’ospitalità. Non ci sbagliamo: dobbiamo fare immediatamente i conti con tutti i prodotti dell’azienda, uno dopo l’altro. Nessuno di questi fa barrique, ma solo acciaio, ci viene subito precisato: è una questione di facilità di gestione, oltre a una scelta precisa. “Vogliamo tornare al vino com’è, un vino fatto in vigna. Non conta solo l’immediata piacevolezza“. Non possiamo che essere d’accordo, specie perché i vini dell’azienda non sono solo piacevoli, ma assolutamente brillanti.
Cosa mi ha colpito? La bottiglia di entrata (che secondo me deve essere sempre un ottimo biglietto da visita), ovvero l’Extra Brut. Beverino, va giù che è un piacere, ma non rinuncia al suo fascino, non scade nel vino che alcuni potrebbero definire “facile”. Rapporto qualità/prezzo? Assolutamente introvabile altrove. Più complesso il Dosage Zero, adatto ai pasti e carico di lievito: da provare. Assolutamente indimenticabile il 10 Anni, una riserva di cui ogni anno escono più o meno mille bottiglie, vere figlie della terra che vive ai piedi del Monte Orfano. Sto aspettando il 2015 per poter mettere le mani sul 2005. Se potete non perdetevelo.
Ringraziamo qui anche La Vecchia Baracca di Polesine Parmense, che grazie ai suoi salumi ha fatto in modo che potessimo mangiare qualcosa che ci ricorderemo a lungo.
Dopo un pranzo necessario ci siamo diretti verso Barone Pizzini: la struttura architettonica dell’azienda è notevolissima e si perde in piani e piani da scendere a mezzo scala per arrivare finalmente alla cantina, in cui vengono conservati i vini: l’azienda produce circa 200.000 bottiglie l’anno secondo i criteri dell’agricoltura biologica.
Ho avuto modo, purtroppo, di assaggiare solo due dei loro vini, ovvero il Satén, che non mi ha coinvolto moltissimo (ma si tratta del tipo di vino), e il sicuramente più interessante Animante, più sapido e vicino alle nostre preferenze. Mancano all’appello alcuni dei prodotti che sicuramente avremo modo di provare durante un’altra visita.
Con grande piacere ci siamo diretti da Il Mosnel, dove ci attendeva Lucia Barzanò, che con il fratello dirige l’azienda di famiglia.
L’impressione che mi ha dato Lucia è quella di essere un reale tutt’uno con lo stile che contraddistingue l’azienda, il suo trascorso e la sua storia. Un legame forte con il territorio si unisce a un’apertura lungimirante nei confronti dell’esterno. Cosa intendo? Che per l’occasione la cantina ospitava un’installazione curata dagli architetti Raffaella Laezza e Tai Sammartini, dal nome “Sottilissimo Templum”, creata in collaborazione con Oikos, azienda che produce colori per l’architettura ecosostenibile.
Un bel modo di rendere se possibile più accoglienti e armoniosi i giardini della villa. L’azienda ha inoltre creato nel 2005 il Premio “Questione d’Etichetta” con il patrocinio di ADI Design, che di volta in volta mette in competizione giovani designer per la creazione dell’etichetta della Riserva Pas Dosé de Il Mosnel, che si chiama “QdE“. Un vino assolutamente all’altezza della sua etichetta: non saprei dire se sia meglio l’una o l’altro. Questa riserva esce in poco più di 4000 bottiglie, che riposano in cantina per cinque anni. Abbiamo avuto il piacere di degustarlo in anteprima (parliamo del 2007, che vedete qui sotto.
Approfittando della gentilezza di Lucia e della bellezza della terrazza, ci siamo soffermati su tutte le bottiglie dell’azienda, una dopo l’altra: mi ha colpito il Pas Dosé, che nasce dall’unione di quattro vini. Assolutamente indimenticabile l’Extra Brut dedicato alla madre Emanuela Barboglio, ovvero il prodotto di cinque vigneti. Gli aggettivi utilizzati per questo vino, chiamato “Ebb” sono “elegante” e “aristocratico”: non saremmo capaci di trovarne di più adatti.
Una nota di merito anche per il Rosé, tipologia di vino che può non piacere (è il nostro caso, sì!): è un ottimo prodotto e lo consigliamo agli amanti del genere.
Che dire: una piacevolissima giornata in Franciacorta, che speriamo possa aver interessato anche e soprattutto chi non ne conosce il territorio e i vini.