Oggi andiamo dalla nonna di Ivana, che ci insegna come preparare i “chiortani”.
Di Ivana De Gasperis
Metti un pomeriggio di libertà in pieno inverno, di quelli così freddi che necessiti di calore umano oltre che di calore artificiale. Sali in auto e vai dalla nonna, l’unico posto davvero caldo, per la legna che arde, il tè coi biscotti fatti a mano e le carezze. Poi metti anche che è febbraio, esattamente il giorno prima del tre, San Biagio, importante per il paese di mia nonna perché si preparano delle ciambelle molto particolari in onore del Santo. Il nome di queste ciambelle è “Chiortani”, il cui significato rimanda probabilmente al movimento di “chiorcere” -torcere- l’impasto richiudendolo dalle estremità, a mo’ di ciambella. Oppure un’ interpretazione un po’ più antica potrebbe rimandare alle calzature che indossavano i pastori ed i contadini, le “chiochiere” o meglio conosciute come la “ciòcia”. Un tempo queste ciambelle venivano preparate da ogni famiglia il giorno stesso della ricorrenza di San Biagio, una volta pronte venivano riposte all’interno di canestri, portati in chiesa sin dalle prime ore del mattino per poter essere benedette e solo dopo il rito potevano essere mangiate. Non si è a conoscenza della relazione di queste ciambelle con la venerazione di San Biagio, non essendo nemmeno il Santo patrono del paese, ma comunque ogni donna prendeva la sua cesta piena di chiortani all’alba, la poneva sulla testa e la portava in chiesa; il sacerdote procedeva alla benedizione di tutte le ceste durante Santa Messa, ed insieme a questa avveniva anche anche il rito della benedizione della gola dei fedeli che consiste nell’incrociare due candele sulla gola, per tutelare i fedeli dai mali ad essa collegati. Terminata la celebrazione ognuna riprendeva la propria cesta e la riportava alla famiglia per poter consumare la colazione. La preparazione dell’impasto iniziava però due giorni prima con la messa a punto della “pasta madre”, ossia una sorta di lievito madre preparato con solo acqua e farina e lasciato lievitare una giornata a temperatura ambiente ed al buio. Poi la sera successiva si procedeva con l’impasto vero e proprio e dopo averlo lasciato lievitare per una notte (che in realtà risultavano essere quattro o cinque ore al massimo), si svegliavano poco prima del canto del gallo per dare forma alle ciambelle e poterle cuocere, ed ancora calde preparavano le ceste da portare in chiesa.
La ricetta si tramanda da tempi immemorabili, tanto che la provenienza esatta è tutt’ora sconosciuta e come tutte le vecchie ricette che si rispettino ogni nonna ha la sua versione. La cosa più difficile è stata la conversione di “un po’ di” in grammi esatti, perché ovviamente ogni nonna ha come metro di misura i propri occhi e la propria esperienza nel prepararli. Per non cadere in errore ho pesato ogni “un po’ di”, ma comunque essendo un impasto molto particolare le mie misure sono comunque relative ad un mucchio di fattori, quali la durezza dell’acqua e il potere di assorbenza della farina, ad esempio; il tempo atmosferico influisce parecchio sull’ impasto essendo responsabile della temperatura interna che sviluppa l’impasto. Potrei dilungarmi ancora ma non è per spaventarvi a non farlo, tutt’altro. Vi basterà sapere che a occhio l’impasto deve essere liscio ed omogeneo, molto morbido (quasi come un ciambellone), ma che deve comunque non attaccarsi alle mani. Sono scesa nei dettagli solo perché dato quello che ho scritto prima il quantitativo di farina potrebbe variare di cento o duecento grammi, perciò non versatela tutta insieme ma tenetene da parte un po’ che la aggiungerete alla fine se lo ritenete opportuno. Date queste premesse vi consiglio di prepararli, anche se è una preparazione lunga, perché il sapore è straordinario.
- IMPASTO MADRE
- per un risultato di un chilo di impasto madre.
- 500 gr Farina di tipo 00
- 200 gr di Acqua
- 2 cucchiai di olio evo
- 2 cucchiaini di miele
- IMPASTO DEI CHIORTANI
- 500 ml Latte intero
- la buccia grattugiata di due limoni on trattati
- 1 bicchiere di sambuca e anice mischiati in pari quantità
- 2 patate di media grandezza bollite, sbucciate e schiacciate
- 1 kg di lievito madre
- 1 cucchiaio raso di cannella
- 1 cucchaio colmo di semi di anice
- 1 kg di zucchero
- 10 uova
- 3 bicchieri di olio di semi di girasole o di olio evo
- 1 cucchiaino raso di sale fino
- 300 gr margarina vegetale
- 100 gr lievito di birra
- PER LA GLASSA
- 200 gr Zucchero
- 1/2 bicchiere acqua
- 1 spicchio di limone
- Miscelare insieme tutti gli ingredienti all’interno di una ciotola e lasciare riposare 24 ore in un luogo fresco ed asciutto coperto da una pellicola trasparente, possibilment al buio o coperto da un canovaccio.
- Unire al lievito madre la farina, tenendone una metà da parte, le patate, la buccia dei limoni, la cannella, i semi di anice, lo zucchero ed il sale.
- Scaldare il latte con la margarina finché non si è sciolta e quando diventa tiepida, quasi fredda, aggiungere il lievito di birra e farlo sciogliere.
- Aggiungerlo poi agli altri ingredienti ed impastare.
- Aggiungere le uova un po’ per volta e il resto della farina, tenendone ancora un po’ da parte.
- Una volta uniti tutti gli ingredienti aggiungere la sambuca e l’anice, il restante della farina se necessario e alla fine aggiungere l’olio.
- Impastare per un quarto d’ora circa, l’impasto dovrebbe staccarsi dalle mani.
- Metterlo in una ciotola e farlo lievitare finchè non raddoppia il volume.
- Riprendere l’impasto lavorarlo per qualche minuto e poi dividerlo in porzioni di 60 gr circa e modellarlo a ciambella.
- Porre le ciambelle in una teglia foderata con carta forno e lasciare lievitare di nuovo per circa 1 ora.
- Infornare in forno preriscaldato a 190 gradi per 15 minuti, devono essere abbastanza scure.
- Preparare la glassa mettendo a bollire lo zucchero con l’acqua e lo spicchi di limone senza spremerlo, deve diventare colloso.
- Appena sfornate le ciambelle, con l’aiuto di un pennello, glassare la superficie e lasciarle freddare.
In realtà la preparazione è distribuita in 2 giorni.