ID-food – Wicky Pryan

ID-food incontra lo Chef Wicky Pryan per HonestCooking.it. Atmosfera rilassata e sapori mistici, nel suo Wicky’s Wicuisine a Milano, ti lasciano dentro un’esperienza unica. Il valore aggiunto? durante la mia chiacchierata con lo Chef era seduta accanto a me una bellissima bambina che mangiava mini-sushi, mentre orgogliosa guardava il suo papà che, come un direttore d’orchestra, componeva sinfonie di sapori…

intervista: Gaia Bortolussi, foto e progetto: Marco Varoli

Come si fonde la sua ricerca filosofica con la sua arte culinaria?

La mia ricerca filosofica volge, soprattutto, a ciò che ho imparato stando in Asia, e in particolar modo a quello che ho appreso dalla cultura giapponese. Loro trasferiscono nella cucina gli elementi della natura. Pensano alle montagne, ai fiumi, al mare e creano la loro arte culinaria, fatta, ad esempio, di bellissimi colori, rigore geometrico e presentazioni curate. Sono stato molti anni in Giappone per cercare di capire e assorbire quest’arte. Per arrivare, poi, alla mia arte culinaria ho mescolato la cultura giapponese, quella di altre parti dell’Asia che ho visitato e quella europea.

Nella sua cucina cuore e tecnica sembrano andare a pari passo. Ma qual’è l’aspetto che prevale quando crea nuovi piatti?

Quando creo nuovi piatti lascio molto spazio al cuore, alla passione. Le nuove ricette mi vengono in sogno. Dopo di ché, mi lascio sempre guidare dalla tecnica giapponese e dalla percezione dei sensi che mi portano nella giusta direzione. Provando più e più volte, cerco di ricreare l’armonia di sapori che avevo immaginato in sogno. Finché non arrivo ad un equilibrio perfetto.

Esiste, secondo lei, un momento per uno Chef nel quale finisce ciò che ha appreso dai suoi maestri e comincia ad essere il solo ed unico artefice della propria identità artistica? 

No, non credo ci sia. Io penso che la mia forza siano i miei maestri. Le grandi tecniche che mi permettono di fare ciò che faccio sono le stesse dei miei maestri, si tratta di segreti dell’arte della cucina tramandati per millenni di famiglia in famiglia. Io non lo sono, ma, mi sento molto giapponese grazie a questi saperi e alla cultura tutta che ho respirato stando lì. Detto questo, non credo proprio di andare oltre il sapere che ho acquisito. Mai superare i propri maestri. Lo scopo è quello di compiere al meglio ciò che ho appreso da loro esprimendo me stesso. Dunque, vado per la mia strada con estremo rispetto per ciò che ho alle spalle.

Lei cura con dedizione ogni processo della creazione di un piatto, dalla scelta delle materie all’ambiente in cui verrà consumato. Quanto influiscono le sue origini, e i posti nel Mondo in cui è stato, in questo suo processo creativo? 

La mia cultura si esprime al cento per cento nel mio ristorante e in ciò che creo. Il mio background è l’espressione di più culture, assimilate poi attraverso la mia sensibilità, acquisite certamente durante i miei viaggi e il mio vivere in giro per il Mondo. Porto sempre con me il villaggio dove sono cresciuto e lo ripropongo, soprattutto, nell’atmosfera del mio ristorante. Un’ambiente molto rilassato dov’è possibile assaporare al meglio il mio cibo, perché godere a pieno di ciò che si sta degustando è fondamentale e passa anche dall’ambiente in cui si compie questo rito. Un’altro aspetto che si può ricondurre a ciò che sono le mie origini, e i miei viaggi, è la scelta degli ingredienti che uso: non solo pesce ma anche ottima carne, molte verdure e tantissime spezie da ogni parte del mondo. Vi svelo una piccola curiosità, il posto migliore dove ho mangiato il granchio è il Mozambico…

Se dovesse descriversi usando una spezia, quale sarebbe?

In questo momento direi la Curcuma. È una spezia curativa che mi piace molto perché ha un sapore molto delicato, se ben dosata. Protegge principalmente il fegato. Infatti, i giapponesi prima di bere alcolici assumono una piccola quantità di questa spezia…in via preventiva!

Ci può descrivere il piatto che ci presenta? 

Questo piatto lo definirei triangolare, poiché racchiude in sé l’Asia, il Giappone e l’Italia. Ho utilizzato per la maggior parte ingredienti italiani preparati con tecniche asiatiche e  giapponesi, ricercando un’equilibrio tra gli stessi. Mi piace utilizzare ingredienti italiani, oltre che per la loro qualità e varietà, anche per una forma di rispetto che provo per il Paese e la città di Milano in cui ora vivo. Però non posso dire altro riguardo al mio piatto “Lanka”, che è il nome di mia figlia, perché gli ingredienti e la loro  composizione sono un segreto dello Chef. La mia salsa cinque continenti? La uso per fare le marinature, sia della carne che del pesce, e al suo interno ci sono più o meno quaranta spezie, ma, mi dispiace il resto devo lasciarlo alla vostra immaginazione…

Lanka: 

Wicky Pryan è un direttore d’orchestra che compone sinfonie di sapori, fusioni di culture lontane ed esperienze millenarie interpretate con modernità. Richiami asiatici, europei e giapponesi vengono assemblati con maestria dallo Chef. Formatosi al cospetto dei più grandi, senza mai avere la pretesa di superare i suoi maestri, punta a trasporre al meglio la sua filosofia culinaria nei suoi piatti. Le sue creazioni si trasformano da sogno in realtà, grazie ad un giusto equilibrio tra passione e tecnica. “Lanka” è un piatto che lo Chef  definisce triangolare, perché racchiude in sé i vertici più significativi della sua formazione: Asia, Giappone e Italia. La marinatura del pesce, eseguita con la famosa salsa cinque continenti, racchiude in sé più di quaranta spezie che creano un insieme unico. Non c’è dato sapere altro. Questa creazione custodisce tutti i segreti più preziosi dello Chef Wicky Pryan che non c’è modo di sapere quali siano, anche per questo, l’ha chiamata con il nome della figlia. Largo all’immaginazione e pronti ad un’esperienza culinaria mistica…

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