Mariachiara ci racconta la prima giornata di Identità Golose, che è iniziato oggi. Si parte con Identità di Sala.
Di Mariachiara Montera
È iniziato oggi Identità Golose, il Congresso di Gastronomia internazionale giunto alla sua nona edizione: nato sulla scia del Mejor de la Gastronomia di San Sebastian, è approdato a Milano nel 2005 a Palazzo Mezzanotte, in versione mignon rispetto a oggi. Col tempo, man mano che gli chef diventavano popolari, e contribuendo esso stesso a creare quella popolarità, si è attestato come il Congresso dove la gastronomia accade, si incontra, fa il punto, si ferma o riparte.

Tante cose succedono in questa tre giorni fitta di incontri sul palco e tra gli stand, troppe per poterle vivere e raccontare in pochi articoli: ho quindi scelto un percorso più breve, concentrandomi sugli appuntamenti che meglio centrano / definiscono il tema di questa edizione 2013, che è il Rispetto.
Rispetto per le materie prime, rispetto per i clienti, rispetto per i costi: un congresso per addetti ai lavori si mette nei panni di chi al ristorante ci va senza magari troppa convinzione, magari ne ha paura, ne è intimorito, non sa come approcciarlo. Identità Golose prova a riempire quel gap di comunicazione attraverso percorsi monografici sulla sala, sulla pasta, sulla pizza, sulle giovani promesse: domani vi parlerò del cibo, ma oggi lasciatemi parlare di Sala, di Identità di Sala.
Questo articolo lo dedico a tutti coloro, e sono tantissimi, che non amano cenare fuori in ristoranti gourmet, magari stellati, e non (solo) per una questione di prezzo: capita che a respingere non sia la cucina ma una sala troppo formale, o al contrario poco educata. In tutti i casi, una sala che non sa tradurre la cucina dello chef, che non sa comunicarla e finisce per penalizzare quell’accoglienza che finisce nel piatto ma inizia in sala.

Relatori principali di questa giornata Giuseppe Palmieri dell’Osteria Francescana, Raffaele Alajmo delle Calandre, Davide Groppi, light designer e molti altri.
La traiettoria è chiara: tocca alla sala proseguire il discorso intrapreso dagli chef per diffondere la cultura gastronomica, dando peso ai contenuti che quegli chef vogliono comunicare con i piatti.
Non facile, prima di tutto perché è una professione dura: parliamo di dodici ore al giorno a parlare, servire, conversare, organizzare. Una scelta di vita prima che un lavoro.
Chi pensa che il cameriere sia un mestiere senza appeal, quasi meccanico, si dovrà ricredere: chi lavora in sala ha il compito di osservare, di calibrare, di percepire chi ha di fronte e ha l’immensa fortuna di farlo conoscendo mille tipologie di persone. Per farlo occorre sviluppare sensibilità personale, doti conversazionali, conoscere l’essere umano insieme al cibo.

Il lavoro di sala è rimasto in ombra fino a ieri, in cui dare del cameriere a qualcuno non era esattamente fargli un complimento: Identità Golose segna una tappa, e dice che oggi è necessario affrontare e divulgare questo mestiere, coscienti che in sala si svolge un momento fondamentale del passaggio di nozioni ed emozioni di un ristorante.
Lo step successivo sarà ostinarsi a comunicare questi contenuti, adeguare i programmi degli istituti alberghieri, ma dovrà esserci anche un lavoro da parte dei critici quando si giudica un ristorante, occorre mettere nel piatto anche la gestione della sala, perché questa possa imparare, prendere nota, evolversi anche da questo giudizio.
La sala potenzialmente può fare cose enormi, anche riuscire a ridurre la distanza tra chi ama il cibo e chi effettivamente sceglie di andare al ristorante, dove il cibo è solo una delle parti dell’esperienza gastronomica.
A domani per un’altra puntata di Identità Golose!