Quello di Mattea è un vero e proprio viaggio. Una Moravia colma di cultura, persone e amore per i suoi prodotti culinari. C’è il tempo anche per parlare anche dell’intuizione di un caseificio di Asiago …
Di Mattea Guantieri
Ad immaginare di dover descriverne l’odore, la prima parola che ti viene in mente è stratificazione: c’è il primo strato fatto di erba profumata e distese di papaveri bianchi che ti abbagliano come la luce polverosa diffusissima fino a tardi che c’è qui, poi più sotto, quello che abbraccia il fasto del grandioso impero asburgico che si combina come un cocktail mal riuscito ad un certo comunismo evoluto, evidentissimo nello sguardo di chi abita le campagne e segue il tragitto del grosso pullman su cui viaggio, appena fuori Brno.
Gente liquida, paziente, ma decisamente “ringhiosa”, non perché aggressiva, ma perché abituata ad essere nuda di tutto. E questo resiste, sussiste. Come i castelli dei cavalieri teutonici, come certi paesetti dimenticati che sono la vera pancia della Repubblica Ceca e della cultura mitteleuropea. Il cuore del viaggio è in Moravia, a Brno, e nella pianura della Hanà, luoghi di insospettabile bellezza, che poco hanno a che fare con i viaggi d’agenzia nella più famosa Praga. Un’antica regione, inghiottita dal verde e da un impasto misto a preghiera e grandiose battaglie (la più famosa è quella dei tre imperatori nella vicina Austerlitz, dove tra novembre e dicembre vengono rievocate le gesta della battaglia che consacrò Napoleone a stratega assoluto sulla coalizione Russo – Austriaca).
A Brno rieducatevi alla spesa al Mercato del Cavolo, dominato dai colori delle fragole e dei mirtilli, che qui proliferano grazie al fantastico clima fresco umido, e il profumo della paprika bianca, trasportata in carretti stile soviet e utilizzata in ogni piatto come un prezioso carburante per la giovinezza del corpo.
Spettacolare la vista dello Špilberk, un palazzo originario del XIII° secolo, ora sede del Museo di Brno. Lo è altrettanto la Cattedrale di San Pietro, con preziose decorazioni interne, e un organo strepitoso del 1700 che ho avuto la fortuna di ascoltare grazie al mio Caronte. Ma il cuore pulsante della città è la piazza Svoboda , con i suoi negozi e ristoranti e con al centro una colonna barocca che evoca la peste del 1680. I boschi e le colline verdissime scandiscono le tappe di questo viaggio, organizzato dalla Brazzale, un caseificio storico di Asiago, che dodici anni fa, grazie all’intuizione di Roberto Brazzale e dei suoi fratelli, ha trovato qui un territorio intonso da capannoni e urbanizzazione, condizioni praticamente ancestrali per l’estensione media delle aziende agricole che gli hanno permesso di produrre prodotti di altissima qualità, grazie ad un latte asburgico ricco di proteine pregiate (3,48% il valore medio annuo – Brazzale ha istituito anche un premio per le proteine), e 4,30% di grasso. Il burro assaggiato è pannoso e profumato come queste terre dominate da mais di piccole dimensioni, il formaggio a pasta dura tipo grana, ribattezzato Gran Moravia, nulla ha a che invidiare al nostro Dop: consistente, come la lingua che si parla qui, come la resistenza (da valutare) all’euro – qui ci sono ancora le corone- come la cucina tenacemente a base di daino, maiale, latte acido e aneto. Annoto tutto, inghiottita anche io dalle scoperte.
Olomuc è una delle più grandi città della Repubblica ceca. Il centro brilla di malinconici palazzi e chiese, il Palazzo Vescovile ed il Palazzo P?emyslid e la magnifica La Colonna della Santa Trinità (Sloup Nejsv?t?jší TROJICE) un monumento barocco dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità. Il castello di Bouzov, che sembra uscire da una favola, è una grande attrazione della Moravia centrale. Sotto i due ponti levatoi sospesi sopra il fossato del castello un tempo c’erano gli orsi. Si può dare un’occhiata alla cucina del castello, all’appartamento dell’arciduca Eugenio d’Asburgo, al guardaroba del castello, ai passaggi segreti, ai sotterranei e alla soffitta. Mangiare nella locanda proprio sotto le mura è un bagno nella storia di questo paese: ho mangiato il Vývar, un brodo di carne con verdure e bocconcini di carne che non consiglio alle odierne temperature, un ottimo piatto di maiale, accompagnato da patate e infine i boruvkové knedlíky – gnocchetti di mirtilli. Il tutto accompagnato da quella che qui è considerata la diretta concorrente della Coca Cola, la Kofola, zuccherosa, poco gasata, piacevole, ma non eccezionale. In questo paese dove tutto è memoria del niente, vale la pena di guardare da vicino un palazzo che nasconde una storia decisamente ricca che risale alla fine del ´700, quando la famiglia di Paolo Antonio Primavesi si trasferí dalla Lombardia in Moravia centrale. All´inizio del ‘900 i Primavesi erano una delle più note famiglie in tutta la Moravia.
Ed ecco la nascita di Villa Primavesi, un progetto architettonico realizzato da un famoso architetto, Franz von Krauss e dal compagno Josef Tölk. Tutti e due seppero combinare con maestria lo stile liberty di quel tempo con nuovo stile moderno. Il risultato è una villa famigliare a due piani molto articolata con un alto tetto a mansarda con decori del pittore Gustav Klimt. Dopo le varie e vaste ricostruzioni del sotterraneo Jana Lerchová ha aperto nel 2008 un ristorante di stile e cosí ha cominciato una nuova tappa di vita sociale. Qui, dopo un antipasto italianeggiante, gustoso e semplice, lo spezzatino piccante di coniglio sarà il vero tuffo nell’orgoglio ceco, insieme alla compattissima Birra chiara della storica Litovel, visitata troppo velocemente per lasciare dentro di me un segno indelebile. La strada del ritorno è vicina e parafrasando Rumiz, non sono stata io a fare il viaggio, ma le persone e i luoghi che ho incontrato.