Intervista a Giusy Ferrè: dall’estetizzazione del cibo al succo di pomodoro.
Di Elisabetta Palumbo

«Dove vai se la banana non ce l’hai?» la nostra intervistata invece ci insegna a non scivolare sull’antipatica buccia del frutto giallo. Chi? Giusi Ferré. Giornalista e critica di costume, firma di Epoca, L’Europeo, co-direttore di Amica settimanale, columnist di IO Donna, autrice della trasmissione Tv “Buccia di Banana” nonché del libro edito da Rizzoli Buccia di Banana, Lo stile e l’eleganza dalla A alla Z. L’abbiamo incontrata e le abbiamo chiesto non solo cosa ne pensa di moda, food e marketing, ma anche di raccontarci quale gusto associa all’infanzia e quale invece all’età adulta.
Domanda: Sembra che il cibo sia buono perché bellissimo. Nel marketing è in atto una vera e propria gare nel cercare di rendere ogni alimento ed ogni prodotto sempre più bello. Lei cosa ne pensa?
Risposta: E’ in corso un’ “estetizzazione” totale della vita. Questo si riflette anche sul packaging e sul modo di presentare il cibo, anche se si tratta di una semplice scatola di cioccolatini. In effetti quando ci si abitua a questo, ad un livello di perfezione così alto, tutto il resto ti sembra fatto male e non si tollerano più approssimazioni e sciatterie. Questo può essere un bene, ma può anche diventare un’ossessione: si tratta però di un’ossessione positiva in quanto spinge alla ricerca del bello della perfezione. In televisione in questo periodo c’è una pubblicità di un un marchio di pasta, dove un ragazzo con l’accento napoletano e dalla faccia molto simpatica si muove in una cucina per preparare un ottimo piatto di pasta, elencando ad alta voce tutti gli ingredienti che servono. Poi però comincia ad accorgersi che manca praticamente qualsiasi cosa, che deve cercare di sostituire con i pochi prodotti che trova. Conclude il suo monologo dicendo che in fondo la sola cosa che serve veramente è una buona pasta. Questa è l’idea dell’Italia: se manca qualcosa non importa, perché può essere sostituto con quello che c’è, non con ciò che è necessario veramente. Io non condivido questo messaggio. A me personalmente piace che le cose siano fatte con accuratezza, con ricercatezza e con metodo. In questo la moda ha giocato un ruolo importante, “l’estetizzazione” permanete è uno dei processi della società contemporanea, che si è diffuso a macchia di leopardo, in tutti i settori della vita quotidiana.
D: Qual’è il rapporto tra moda e cibo?
R: La moda in apparenza ha un rapporto ottimo con il cibo. Basti pensare, ad esempio, alla linea di macarons speciali per Ladurèe firmata da Albert Elbaz, stilista di Lanvin. Ma in realtà la moda ha un rapporto difficilissimo con il cibo perché il suo ideale è una donna magra, molto più magra della media. La classica donna stampella, su cui si vedano meglio i vestiti. Credo che moda e cibo dovrebbero trovare il modo di convivere pacificamente, un giusto compromesso insomma.
D: Qual’è il gusto che associa all’infanzia e quale quello dell’età adulta?
R: Per me il gusto dell’infanzia è la torta con la Nutella, me la preparava sempre la mia mamma per il compleanno: faceva una torta paradiso e poi la farciva e la ricopriva con la Nutella. E’ uno delle cose che nei ricordi mi sembra fra le più deliziose che abbia mai mangiato; probabilmente perché c’erano meno dolci all’epoca, o perché nella nostra famiglia, di origini molto modeste, non ne giravano poi molti di dolci. Ancora adesso davanti alla parola Nutella provo un felice senso di eccitazione. Il gusto dell’età adulta invece, che per me è stato proprio una scoperta, è il succo di pomodoro. Da piccola mi faceva ribrezzo, poi invece all’inizio degli anni ottanta, ho iniziato ad ordinarlo come aperitivo: molto condito, con limone, pepe e tutto quello che serve. Adesso mi piace molto, perché è un ottimo sostituto degli alcolici, è un prodotto assolutamente italiano ed il rosso è un colore festoso che mette sempre di buon umore.