Intervista a Moreno Cedroni

Moreno Cedroni: il profumo buono del cibo. E dei ricordi. Dorina l’ha incontrato per discutere del suo libro, Maionese di Fragole, e non solo.
Di Dorina Palombi

Ci sono libri speciali, eterni per il tema che trattano e per la scorrevolezza con cui vengono scritti.
Sono quei libri che tieni sul comodino e che non vedi l’ora di riaprire.
Sono quei libri sottolineati, con le orecchie nell’angolino della pagina e tutti scritti a lato con aggiunte personali.
Magari anche pieni di post-it colorati.
Uno di questi libri mi è capitato tra le mani qualche settimana fa, per caso.
Parla di alimentazione e il retro di copertina invita alla lettura in questo modo:

“ Mangiare bene fin da piccoli,
sperimentando sapori autentici ma anche inaspettati,
educa al gusto di nutrirsi in modo sano, allarga gli orizzonti
perché ci rende curiosi ed esigenti
e ci spinge a cercare sempre il meglio.
Parola di un grande chef”

Non ho figli ma il titolo e la premessa mi incuriosiscono.
Ho la possibilità di leggerlo in anteprima come e-book.
Lo scarico e “sfoglio” le prime pagine.
Non arrivo alla fine dell’introduzione che l’ho già comperato su Ibs.
Perché questo libro è uno di quelli che bisogna avere in cartaceo. Una frase su tutte mi colpisce e mi fa desiderare una chiacchierata con lo chef:

“È nell’infanzia che si formano i gusti, le antipatie e le preferenze gastronomiche di ognuno di noi.
Poi si cresce, si cambia, si allargano le esperienze, ma l’essenza del nostro alfabeto culinario resta quella.
Un alfabeto che solletica la gola e le emozioni: ciascun sapore evoca un ricordo di felicità, un incontro inaspettato, l’appagamento di un desiderio.”

Sto parlando di Maionese di fragole di Moreno Cedroni, chef patron della Madonnina del Pescatore, a Marzocca di Senigallia, e padre di Matilde.
I temi trattati nel libro sono estremamente attuali, anche a distanza di tre anni dalla sua pubblicazione: il km zero, la salute attraverso il cibo, i ricordi, l’educazione alimentare dei più piccoli, il risparmio in un tempo delicato per l’economia ma anche la cucina attraverso pratiche corrette e giuste attrezzature.
E le ricette. Tanto semplici quanto gustose e divertenti (c’è anche la ricetta della maionese di fragole stessa!)
Insomma tra una pagina e l’altra scrivo a Moreno Cedroni e gli chiedo un’intervista a Milano, in occasione di Identità Golose.
Intanto divoro nozioni, ricordi, trucchi e nuovi piatti da provare.
Mi emoziono con lui ricordando il profumo di un piatto buono che ti accoglie come un invisibile abbraccio, mi siedo a tavola con lo chef nella sua esperienza gustativa a El Bulli di Ferran Adrià e, seduta in un angolino della cucina, sul banco da lavoro, lo vedo trafficare tra i fornelli sognando il suo ristorante, dopo quell’esperienza che tanto lo ha influenzato, sapendo che nella sua mente Moreno ripeteva come un mantra “Così voglio la mia Madonnina”.
E conosco Matilde, la vedo tornare da scuola e pranzare nel ristorante di papà, sperimentare con lui piatti nuovi, crearne di personali e proporli alle amiche orgogliosa.
E vedo l’amore profondo che unisce tramite il cibo, vedo l’eterno in un piatto di passatelli al brodo di pesce e vedo di nuovo quell’abbraccio invisibile negli insegnamenti di Moreno.
E in primis vedo un padre premuroso e talmente pieno di cose da insegnare e tramandare che il tempo da passare con sua figlia, quasi, non basta.

“Ecco la mia piccola guida farcita di ricordi ed esperienze personali, curiosità e tanti suggerimenti pratici fuori dagli schemi, a disposizione di tutti quei papà che vogliono tornare a sporcarsi le mani in modo creativo in cucina, coinvolgendo i propri bambini per trasmettere anche a loro uno scrigno di cibi, profumi e consistenze preziose.
Solo così potremo evitare che i nostri figli crescano conoscendo pochi sapori, in gran parte standardizzati, frutto più di aromi artificiali ed esaltatori di sapidità che della natura, senza aver mai provato la bontà di un piatto di gnocchi fatto in casa, di un pesciolino arrostito sul momento e mangiato con le mani”

Finalmente arriva martedì, il giorno della mia intervista allo chef marchigiano.
È seduto davanti a me, con il suo sguardo vispo ed entusiasta della vita e il sorriso di chi è felice di quello che fa e te lo appiccica addosso come la sabbia del mare.

Moreno, nel tuo libro ci sono un sacco di insegnamenti per i bambini, ma che sono perfetti anche per chi tenta di avvicinarsi alla cucina con passo incerto.

In effetti si, sono gli insegnamenti che quando ero piccolo accadevano in maniera normale. Eravamo circondati dal mare, dalla campagna e dalla semplicità che porta a uno stile di vita sano in modo quasi ovvio. Al giorno d’oggi con mamme e nonne che lavorano o non hanno il tempo di cucinare, un piatto fatto in casa sembra quasi un’occasione speciale. Ed è un peccato.

Nel libro ti definisci un bambino a km zero, un concetto tanto attuale quanto ovvio in un’alimentazione corretta.

Si, non bisogna mai dimenticare, più che il km zero, la stagionalità degli alimenti, un concetto più semplice da vivere nel quotidiano.
Oggigiorno siamo talmente abituati ad avere qualsiasi ingrediente in qualsiasi periodo dell’anno che dimentichiamo il viaggio che questo alimento fa e quanto perde in sapore. Spero che la stagionalità sia un messaggio talmente forte che arrivi a ridare il giusto tempo alle cose e inviti ad avere la pazienza di attendere che un frutto arrivi a giusta maturazione nel tempo scandito dalla natura.

Ma pensi che in un luogo rurale come le Marche la stagionalità sia qualcosa di più semplice da vivere rispetto a regioni più “veloci”?

Il vero ingrediente sono il tempo e le nonne. Viviamo in una realtà talmente veloce che ci fa ingurgitare un panino al volo in pausa pranzo, senza tornare a casa. E spesso anche rimpiangere quando ad attenderci c’era una tavola apparecchiata e un piatto caldo.
Questo può accadere a Milano come a Senigallia o Ascoli. Magari nelle Marche accade meno rapidamente. Il problema grosso è che ci si sta indirizzando verso un mangiare male dato dalla possibilità di preparare cibo anche in un semplice bar.

Infatti, nonostante le risorse e le possibilità odierne la tendenza è quella di mangiare peggio.

Si perché la grande distribuzione finisce per approfittarsene, proponendo cibi già pronti all’uso.
La cosa davvero emblematica sono le insalate già pronte che costano 5/6 volte di più di un cespo fresco in nome della velocità.
Credo che per mettere a bagno due foglie di insalata non ci voglia poi molto.
Questo ti fa capire dove siamo arrivati.

Se tu dovessi scegliere 3 ingredienti imprescindibili nella tua cucina, quali sarebbero?

Senza dubbio un olio extravergine buono non deve mai mancare tra i grassi per cucinare. Senza quello dovrei reinventarmi.
Poi ingredienti fusion come zenzero o lemon grass da affiancare a ingredienti più semplici come un finocchio o un’arancia.

Invece nelle posate hai un amore speciale per il cucchiaio. Non servirebbe altro.

Si, amo pensare a quelli che definisco i cibi da cucchiaio, come hai visto anche ieri durante il mio intervento a Identità di Birra.
Il cuoco ha pensato a un cibo che non ha bisogno d’altro per essere fruito, pronto per essere mangiato senza attendere. Sono perfetti nella temperatura, nella pezzatura e nella consistenza.
E soprattutto il cucchiaio ti permette di prendere tutti gli ingredienti che compongono il piatto e assaporarlo nello stesso modo in cui il cuoco l’ha pensato. Con la forchetta riesci a prendere 2 ingredienti al massimo e gli altri restano soli, non facendoti vivere l’esperienza come io l’ho immaginata.

Il cucchiaio è anche l’emblema dello svezzamento, del ricordo puerile. Il tuo libro è intriso di ricordi. Ma sono un punto di partenza o di arrivo?

Direi entrambe. Guardo alla tradizione, la rivisito e la ripropongo. E nei miei piatti, anche 30 anni dopo l’apertura del ristorante, ci trovi i miei ricordi.

Tu non nasci in cucina ma arrivi dalla sala. Cosa comporta nel tuo modo di vivere la ristorazione?

Che riesco a viverla a 360 gradi perché ne conosco i meccanismi e le esigenze. La sala era un tempo piuttosto sottovalutata. Fortunatamente ora si sta riscoprendo l’importanza dell’intero staff di un ristorante, a prescindere dal grembiule che porta.
Quello che mi spiace è che il panorama televisivo attuale stia creando piccoli mostri desiderosi di diventare solo cuochi, ingannati da facili guadagni. Poi però la bolla scoppierà in nome della realtà che li metterà di fronte al fatto compiuto.

Ma un cuoco che arriva dalla sala cosa offre in più?

L’elasticità. Si evita la dittatura di pensiero per cui questo è il mio piatto, l’ho creato così e tu lo devi mangiare. Un piatto è una mia idea ma pronta per essere condivisa e di conseguenza dobbiamo essere in due a divertirci. Se mi diverto solo io il cerchio non si chiude.

Lo lascio ai suoi impegni, con un prossimo appuntamento sulla spiaggia marchigiana, magari al Clandestino, che quest’anno proporrà piatti che rivisiteranno i 49 cibi tanto amati da Leopardi (uno di questi erano i Maccheroncini di Campofilone, di cui vi ho parlato qualche articolo fa).

Spero di avervi raccontato l’uomo dietro la parannanza, e mi auguro che vi siate affezionati a lui come ho fatto io, grata nuovamente alla vita per avermi fatto un dono così prezioso, mettendo sulla mia strada uno chef ma soprattutto un uomo che profuma di casa, di ricordi, delle mie radici e di tempo da dedicare alle cose davvero importanti.

Per provare la creatività di Moreno Cedroni:

La Madonnina Del Pescatore
Ristorante
Senigallia, An
Tel. 071.698267

Anikò
Salumeria Ittica
Senigallia, An
Tel. 071.7931228

Clandestino
Susci Bar
Portonovo, An
Tel. 071.801422

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