Rasmus Kofoed ha da poco ricevuto la sua seconda stella Michelin nel giro di soli due anni. Il Ristorante Geranio si trova in un angolo dello stadio nazionale di Copenaghen. Rasmus Palsgård lo aveva incontrato per capire che cosa rende la sua gastronomia così straordinaria.
Di Rasmus Palsgård

Si può vedere la Svezia da qui. I parchi verdi e il mare. Qui, all’ottavo piano dello stadio nazionale danese, Parken, tutto è luminoso a causa della finestra panoramica, dell’arredamento sapientemente sistemato e della cucina elegante e leggera in cui si esegue una cottura del cibo che si può definire magica. “Per trarre ispirazione è necessario essere in uno scenario suggestivo. Ricordo ancora i vecchi tempi, dove noi, gli chef, dovevamo sudare nelle cucine delle cantine mal ventilate” spiega Rasmus Kofoed . In queste condizioni si trae ispirazione e il Geranium, attualmente 49 ° della Best Restaurants-list di San Pellegrino, ha ricevuto la sua seconda stella Michelin, dopo aver preso la prima solo nel 2012.
Chef Kofoed continua: “La seconda stella è stata una grande sorpresa per noi e, naturalmente, siamo molto, molto felici “. Fino al rilascio della Guida Michelin ‘Main Cities of Europe 2013’ il Noma è stato l’unico ristorante due stelle a Copenaghen. Senza dubbi Geranium è ora allo stesso livello del Noma, e alla domanda sul perché il Geranium ha ricevuto la sua seconda stella Rasmus Kofoed risponde: “Naturalmente, il cibo deve essere fantastico, ma per noi un’esperienza culinaria inizia già entrando nel ristorante. Abbiamo intenzione di dare ai nostri ospiti un’esperienza sensoriale a partire dal momento in cui entrano nella stanza, grazie a elementi sorprendenti e nuovi sapori. Vogliamo rompere con l’idea convenzionale di come costruire una cena. Allo stesso tempo, ci siamo concentrati molto su ogni singolo piatto. Invece di servire 15 piatti dove cinque di loro sono di medio livello, è importante per noi che ogni piatto sia il massimo – altrimenti non c’è motivo di servirlo “.

Nel corso di una cena al Geranium rimarrete sorpresi sicuramente. Non appena arrivati si riceve una busta con dentro alcuni ingredienti che si incontreranno durante la cena; nulla più di un assaggio dell’esperienza, certo … La sala da pranzo è inoltre piena di piccoli elementi segreti, per esempio del muschio proveniente dall’isola danese Samsø o le corna di mucca con preparati biodinamici: il tutto per dare piccoli accenni di ciò che sta per arrivare. Il numero di portate che si riceveranno è un segreto (attualmente sono 26 …). “Prima di tutto, io servo il cibo che mi piacerebbe mangiare. Non è un’arte. Voglio solo fare in modo che i clienti lascino il ristorante con una sensazione di luce nel cuore. “

Pensiero visivo, ESECUZIONE VISUALE
Quando si passa del tempo con Rasmus Kofoed diventa abbastanza chiaro che lui è un vero e proprio figlio della natura. Cresciuto in una foresta con i suoi genitori, ha vissuto con la madre che utilizzava una vasta gamma di erbe, ortica, rosa canina, tè essiccati e funghi. “Mia madre utilizzava un sacco di ingredienti diversi e mio padre mi ha insegnato a pescare. Pescavamo gamberi e anguille e li affumicavamo con del legno di ginepro nel nostro giardino. Allora, io non ero consapevole di come queste cose mi influenzassero, ma oggi è abbastanza ovvio da dove viene la mia ispirazione.” Diventando un adolescente, Rasmus Kofoed ha iniziato a cuocere panini, spaghetti alla bolognese e un sacco di altri piatti classici per i suoi amici. “Solo perché mi piaceva farlo”, spiega.

Il vero e proprio campanello d’allarme è arrivato quando nel 2003 ha vinto la competizione per la prova del “cuoco danese dell’anno”. “Ho sempre amato creare idee nella mia testa e portarle alla vita con le mie mani, ma quando ho vinto quel concorso mi sono finalmente reso conto che ero veramente bravo a fare qualcosa e attraverso la gastronomia ho avuto l’opportunità unica di esprimere le mie idee in forme di sapori e di esperienze sensuali, con i migliori ingredienti che la natura ha da offrire. A quel punto ho capito chiaramente che non mi sarei mai stancato di cucinare.”
Il suo punto di vista personale sui migliori ingredienti è di gran lunga “tradizionale”. Durante la sua infanzia non fu mai portato nei ristoranti esclusivi in cui si servivano caviale, tartufo e foie gras. Sua madre lo allevò con le idee di Rudolf Steiner, il fondatore della biodinamica. Perciò non ha mai realmente usato gli ingredienti classici “di lusso” anche se è stato istruito alla cucina francese. “Io non sono davvero un fan del foie gras. Non mi piace il sapore, né il modo in cui è prodotto. Per me, la scelta degli ingredienti di lusso è una soluzione facile, di comodo, e non crediamo alle facili soluzioni al Geranium. In un ristorante come il nostro abbiamo creato una serie di limitazioni per noi stessi che rafforzano la nostra creatività, e credo che acuiscano anche l’espressività del nostro cibo.”
Non userà mai, per esempio, l’ananas nella sua cucina, perché non ha nulla a che fare con il suo ambiente. Invece la natura attorno a lui lo ispira. Oggi vive a Copenhagen e cerca ispirazione nella città e nella ciclicità della natura, per la quale i semi si trasformano in germogli e poi sbocciano nel loro stadio finale prima di appassire nuovo. Fino a poco fa vi avrebbe servito un piatto con malto, birra scura, prugne e crema biodinamica imbevuto con legno di faggio … “Guarda fuori dalla finestra. Gli alberi sono nudi e il terreno è coperto di neve. Tutto questo mi ha ispirato a fare questo piatto con colori semplici: penso sia uno dei migliori piatti che abbiamo mai avuto sul menù. Sono così entusiasta di questo piatto quando lo servo ai nostri ospiti. Apprezzo le cose semplici. Questo vale per gli ingredienti come per me”.
Semplicità
Questo approccio votato alla semplicità è diventato una guida per il 38enne cuoco danese, che per anni è stato accompagnato da qualificati chef e da sommelier come Søren Ledet. Quando il Geranium aprì i battenti, i piatti erano visivamente molto complessi, con un gran numero di elementi. Oggi, Rasmus Kofoed punta a un’espressione più pulita ed essenziale. Come esempio, egli cita un piatto di aragosta con barbabietole vinaigrette, germogli di barbabietola e un contorno con radice di barbabietola in gel, che gli ha fatto vincere il Bocuse d’Or. Oggi fa lo stesso piatto con capesante raccolte a mano in Norvegia, ma in una versione visivamente molto più semplice. “Oggi abbiamo ridotto gli elementi sulla piastra in modo significativo. Anche se potrebbe sembrare più facile, si tratta di un processo molto più difficile perché non si può nascondere nulla all’ospite. Pertanto, ogni singolo elemento deve essere perfetto. E quando si riesce in questo, l’espressione del piatto è molto più forte!”

Ha anche un buon senso di ciò che può funzionare e cosa no. Anche se non frequenta più concorsi di cucina non è ancora soddisfatto del suo standard e continua a sviluppare nuove idee. Il Geranium è ancora un progetto giovane e c’è molto da fare a quanto pare. “In gastronomia ci sono migliaia di cose che si possono fare. Ora, io voglio andare più in profondità con gli ingredienti e la mia filosofia alimentare per conferire un nuovo livello alla mia identità gastronomica qui al Geranium. E ‘il momento giusto, lo sento.”
IL FUTURO
Sulle mie domande finali, ovvero quelle su quali sono i prossimi obiettivi da raggiungere, dopo le tre statue Bocuse d’Or e ora le due stelle Michelin, commenta che la terza stella è senz’altro importante, ma non è fondamentale. “Non facciamo il cibo con l’obiettivo di soddisfare la Guida Michelin, anche se naturalmente è una buona motivazione. In realtà prendere le stelle Michelin o la statua d’oro al Bocuse d’Or non è quello che mi motiva. Mi eccita il processo tramite cui si cerca la perfezione “.
“Tutto è andato così in fretta. Eccoci qui, appena due anni dopo l’apertura avere due stelle … Non abbiamo ancora finito e ci sono un sacco di situazioni che ci motiveranno ancora. Stiamo lavorando su un nuovo libro sulla storia culinaria del Geranium e poi andremo a Londra a Primavera per il World’s 50 Best Awards, e chissà, forse faremo meglio dell’anno scorso.”

Tre domande che Kalle Bergman, fondatore e direttore di HonestCooking.com ha voluto rivolgere personalmente allo chef.
Dal tuo punto di vista, in che direzione va la nuova Nordic Cuisine? E possiamo veramente parlare di “Nuovo” e di New Nordic, o dobbiamo limitarci a parlare di cucina nordica in generale?
Sono certo che la New Nordic Cuisine sia una cosa reale, vera, non una formula. Tra gli altri, René Redzepi, Mads Refslund, Thorsten Schmidt e io abbiamo cominciato ad apprezzare realmente i prodotti che il nostro territorio ci offre. Prima di tutto questo sarebbe stato impensabile che i giovani chef francesi sarebbero venuti in Danimarca per conoscere la gastronomia, eppure oggi lo fanno. La nuova cucina nordica è iniziata come un seme, che è cresciuto in un germoglio e poi è diventato un fiore. E questo fiore è ancora in evoluzione. Quindi sì, credo che si possa utilizzare il termine “Nuovo”.
A parte le numerose presenze internazionali a concorsi e festival, hai qualche ambizione all’estero (ad esempio l’apertura di ristoranti al di fuori della Danimarca)?
Mai dire mai, certo, ma in questo momento non ho intenzione di aprire un ristorante al di fuori della Danimarca. C’è ancora molto da fare e da inventare qui al Geranium, voglio concentrarmi su quello. Anche se un sogno ce l’ho, ed è quello di organizzare un vero e proprio circo gastronomico con i migliori chef danesi e andare in giro per il mondo per raccontare la nostra filosofia gastronomica e il modo in cui scegliamo gli ingredienti.
In precedenza, i giovani chef nordici hanno preso ispirazione da paesi come la Spagna o la Francia. In una certa misura, lo fanno ancora, ma sempre più, ormai, imparano dai loro eroi locali (e credo che tu sia uno di loro). Come vedi il tuo ruolo come guida della prossima generazione di chef danesi e nordici?
Prima di tutto io continuerò a fare quello che sto già facendo: ad aprire la strada e ad essere fonte di ispirazione a causa della mia passione per la gastronomia. E’ vero che gli chef nordici tendono a rimanere “in casa” in questi ultimi annoi. Stanno arrivando moltissimi giovani chef da tutto il mondo in Danimarca tra l’altro e hanno veramente “fame” di imparare, mentre i nostri talvolta si adagiano un po’ … Pertanto non posso evitare di preoccuparmi per ciò che accadrà in futuro, quando tutti questi chef di talento torneranno nei loro paesi. Un altro problema è che l’attività gastronomica, qui in Danimarca, non ottiene un sostegno politico, nonostante i turisti stiano affollando Copenaghen solo per mangiare! Abbiamo bisogno del sostegno politico per continuare a far fiorire la gastronomia danese.