Scoprire il Finger’s Garden di Roberto Okabe. In un angolo nascosto di Milano, luogo dove lasciarsi sorprendere, per scoprire tra tradizione e innovazione la cucina giapponese.
di Barbara Perrone
Varcare la soglia del Finger’s Garden, in via Keplero 2 a Milano, per incontrare e intervistare Roberto Okabe, è stato per me come fare un salto con la memoria di un indimenticabile viaggio in Giappone.
Si entra attraversando un giardino che si sviluppa tra ghiaia, laghetti artificiali e bonsai. Qualche gradino, quasi come se fosse un percorso mistico, introduce verso l’alta cucina nipponica. Si varca la porta e nonostante un mix di influenze occidentali, mi sembra di rivedere quei luoghi che ho tanto amato nel cuore di Kyoto.

Nel mentre alle mie spalle una parte della cucina a vista, in pieno stile nipponico, si anima. Il riso viene messo a raffreddare a temperatura ambiente, magari sventagliandolo pazientemente. Il riso per il sushi è come un bacio, è diverso ogni volta, afferma lo chef.

Le grandi vetrate danno sul giardino giapponese curato da Luigi Crespi, con dei bonsai dall’ inestimabile valore.
Lui con la sua creatura Finger’s, quest’anno festeggia i 10 anni dell’apertura del primo ristorante a Milano. Okabe unisce in sè lo spirito giapponese e brasiliano. Un ristorante alla moda, frequentato da personaggi e volti noti. Si percepisce che è un luogo del cuore, il suo. Si comprende, quando mi racconta come è giunto, dopo una lunga trattativa con la proprietà, ad ottenere quello che oggi è il Finger’s Garden.
Nato in origine come centro buddista, poi dismesso, in tre anni è rifiorito, diventando sintesi dello spirito del sol levante.
Difficile da spiegare, quanto ci si possa sentire semplicemente a proprio agio pur non facendo parte dello star system che avvolge questo luogo.
Un animo e una persona speciale, perchè così è Roberto Okabe per me. Un uomo dalle intuizioni semplici e geniali, a partire dal nome dei suoi ristoranti. Finger’s Milano nasce dall’idea che il cibo nasca dalle mani e si mangi con le mani. Un luogo dove conoscere la cucina giapponese, quella vera, ma capace di sorprendere con tocchi imprevisti.
Uno chef che tra i mille impegni e uno staff di ben 55 dipendenti, in alternativa alle sue preparazioni, ama mangiare la cucina italiana. Adora il pesce, la pasta e le verdure. Non solo piatti firmati, come è ovvio che sia vista l’amicizia che lo lega ai molti nomi del panorama degli chef, ma anche una trattoria a due passi da lui, in via Keplero.
Ma andando dal Finger’s Garden cosa si potrebbe gustare?
Yuke-Don-Wagyu (Tartare di Kobebeef con uovo di quaglia perfetto, riso sushi e wasabi fresco)

“Temaki Hand Roll” (Tempura di asparagi, cream cheese e teriyaki o Fish salad)


Ghyosa Chicken Special (Ravioli di pollo in salsa Finger’s)
I piatti sono presentati come un piccolo capolavoro estetico che di sapori. Un’esperienza non solo da consigliare, ma che lascia la voglia di essere ripetuta. Dalle foglie di shiso ai petali di violetta, per giungere al manzo di kobe, alla croccantezza unica della tempura di asparagi o alla salsa shichimi.
All’interno del vasto panorama dei piatti ideati e realizzati dallo chef, il carpaccio Okabe è quello che lo rappresenta di più, per l’insolito accostamento tra pesce e gazpacho.
Come sempre accade, la conoscenza e la fusione di più culture non può non portare ad una crescita di saperi. Così alla domanda su quale prodotto giappone, meriterebbe di essere maggiormente conosciuto, senza ombra di esitazione mi risponde: umeboshi – la prugna giapponese.
Non si fa in tempo a prender nota, che dalla cucina arriva prontamente una salsa, con questo magico ingrediente.
Per par condicio, dall’oriente all’occidente è bene sapere che lui ama molto il tonno italiano, e non da meno tutta la cucina del nostro bel paese.
Ma dinanzi a tanta maestria mi chiedo se lo chef Okabe riesca a trovare il tempo, per attività extra cucina. Ebbene si.
Lui si rilassa e si ricarica al contempo stesso così, tra un dritto e un rovescio. Appassionato della racchetta, scende in campo ben tre volte a settimana, tanto da guadagnarsi un invito speciale durante gli scorsi Internazionali di tennis a Roma!
Non si mangia solo per nutrirsi, ma anche per scoprire, conoscere e stupirsi.