La pesca a strascico può essere sostenibile?

Oggi parliamo di pesca a strascico. La domanda che si pongono gli amici di ConsuMare Giusto è: può essere sostenibile?
Di Daniele Tibi

La pesca a strascico di fondo viene comunemente definita come una pratica irresponsabile, che danneggia gravemente i fondali ed è quindi da evitare, se si vuole essere sostenibili.
Questa estrema semplificazione porta a mettere nel calderone dei “distruttori di fondali” tutti i pescatori a strascico. Ma è corretto? Alcuni di loro possono essere salvati da questo giudizio? La piccola pesca tradizionale, a cui tanto ci piace rivolgerci come soluzione, può essere un’alternativa?

Per rispondere partiamo da una semplice considerazione: una nave da pesca di 16 metri ha una capacità distruttiva minore di una nave da 140 metri e conserva inoltre una maggiore capacità selettiva (è maggiormente in grado cioè di pescare solo il pesce desiderato), proprio grazie alle sue dimensioni ridotte. Già questo depone a favore della piccola pesca tradizionale, ma spesso non basta a renderla accettabile. Quando l’accanimento contro la risorsa ittica è forte, quando l’approccio del pescatore assume i toni di un combattimento contro il pesce o di una caccia all’ultimo esemplare, anche i sistemi tradizionali possono essere devastanti.

Per fare chiarezza abbiamo incontrato Rady Petrova, Presidente della Cooperativa di pesca Bio e Mare, La Pesca in Rosa, una cooperativa impegnata a praticare e diffondere un modo di pescare sostenibile. A lei abbiamo chiesto: “È possibile praticare la pesca a strascico in modo che risulti sostenibile? Esiste un modo per far incontrare la necessità di pescare e fare reddito, con il rispetto dei fondali e delle risorse rinnovabili?”

Quello che va cambiato, spiega Rady, è l’atteggiamento nei confronti dell’ecosistema. Non è sufficiente adottare un accorgimento sostenibile, bisogna sposare una filosofia di rispetto verso il mare. Questo riguarda tanto i pescatori, quanto i consumatori.
“La nostra è una piccola cooperativa di pescatori tradizionali – continua Rady – e per noi lo strascico è fondamentale per fare reddito. Nella nostra flotta abbiamo una sola barca che lo pratica, mentre le altre utilizzano altri sistemi di pesca a basso impatto ambientale (palangari di fondo, rete a circuizione, nasse e reti da posta fisse, n.d.r.). Le maglie della rete utilizzate sono più larghe del minimo consentito, in modo da trattenere solo i pesci più grandi. In questo modo si ha la certezza di non pescare pesci troppo piccoli (di cui è vietato il commercio, n.d.r.). Questi infatti, qualora entrassero nella rete, riescono a sfuggirvi attraverso le maglie e hanno il tempo di crescere e riprodursi. È vero che si pesca meno pesce, ma questo è proprio quello che vogliamo: aumentare i guadagni, perché i pesci più grandi si vendono meglio e ad un prezzo più alto, vendendo meno pesce e sprecandone il meno possibile.
Abbiamo eliminato quei dispositivi metallici aggiuntivi, posti all’imboccatura della rete, che “arano” il fondo in modo da stanare pesci che si insabbiano per scampare al pericolo. Questo accorgimento permette di deturpare meno il fondale sabbioso.
Un’altra cura che utilizziamo è quella di salpare (cioè svuotare) la rete molto spesso. Questo permette di risparmiare carburante e ridurre l’inquinamento, in quanto la barca deve trascinare un peso minore, ma soprattutto permette alla rete di non intasarsi e di catturare solo pesci grandi.
Infine stiamo cercando di farci costruire cime che abbiano l’anima di piombo ricoperta da fibra sintetica. In questo modo potremmo evitare di sbriciolare 200 kg di piombo all’anno a causa dello sfregamento dei pesi sul fondo.”
Questo viene accompagnato a diverse altre attenzioni, come quella di recuperare i rifiuti pescati e differenziarli a terra, oppure quella di produrre conserve in caso di pesca abbondante, invece di svendere o peggio buttare il pesce in eccesso.

L’impegno di questa cooperativa va oltre le buone pratiche e si spinge fino ai congressi e alle associazioni di categoria. Qui l’impegno è coinvolgere anche altri pescatori e sensibilizzarli in modo da far dilagare questo approccio tra gli addetti ai lavori, per garantire un futuro roseo agli ecosistemi e a questa professione.

L’esempio di Bio e Mare ci fa capire che una pesca sostenibile e redditizia è possibile e praticabile. Si possono adottare anche altri accorgimenti per abbassare le catture accidentali, a seconda del tipo di pesca. Esistono inoltre pescatori a strascico che hanno ottenuto importanti certificazioni internazionali di sostenibilità. Quello che conta è che esistono realtà che cercano di innovare e rendere sostenibile la pesca, così come gli allevamenti. Il compito del consumatore è sostenerli e cercare i loro prodotti. ConsuMare Giusto ha scelto di aiutare Bio e Mare ad incontrare consumatori che vogliono fare la differenza.

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