La Storia del Pomo d’amore

Il primo post di Giulia riguarda il Pomo d’amore: la sua storia attraversa i secoli … Partendo da Cristoforo Colombo.
Di Giulia Tacchini

Come mangiava l’italia prima della scoperta del Nuovo Mondo?

Quando pensiamo al cibo italiano, ai nostri ingredienti base, alle materie prime che fanno parte della nostra cultura culinaria facciamo riferimento ad alimenti che provengono dal Nuovo Mondo. Pomodori, patate, cipolle, zucchine, peperoni, girasole, mais e altri alimenti non esisterebbero nelle nostre ricette se non fossero state prima addomesticate nelle americhe.

In questi testi vogliamo quindi analizzare la storia della nostra cultura gastronomica narrando i percorsi che alcuni di questi alimenti hanno fatto per inserirsi come base della nostra alimentazione.

Il pomo dell’amore

Al di là dell’eccellenza della sua pasta, la cucina italiana non avrebbe mai trovato la sua completa espressione senza che l’America fosse entrata a farne parte. Nelle casseruole e nei momenti di vita comune nulla sarebbe stato più lo stesso dal ritorno di Cristoforo Colombo. Come potremmo immaginare quella penisola a forma di stivale priva per milioni di anni di uno degli ingredienti che “fanno” la cucina tradizionale italiana? Stiamo parlando di quel frutto rosso e succoso che una volta veniva chiamato il pomo dell’amore.

Il Lycopersicon Esculentum, il pomodoro, è della stessa famiglia della pianta del tabacco e della patata originari del Messico. In botanica è considerato un frutto ma viene utilizzato da tutti come ortaggio. Questa pianta dal profumo intenso, con frutti che vanno dal rosso sangue al giallo dorato sono originari del Perù, Ecuador e altre zone tropicali dell’America dove cresceva spontaneamente. I primi che riuscirono ad addomesticare questa pianta furono gli Aztechi in Messico intorno al cinquecento prima dell’era comune. Le popolazioni del Pueblo credevano che chi assistesse all’ingestione dei semi di questo frutto era benedetto dai poteri divini. Gli Aztechi  raccontarono ai primi coloni andalusi che con lo xitomaltl,  (deriva dal termine tomatl, utilizzato per indicare altri frutti simili) si otteneva una buona salsa condita con l ahi, il chili piccante.

Il termine pomodoro viene dal náhuatl xictli, “ombelico” e tomatl, “pomodoro”, che significa l’ombelico del pomodoro. Il pomodoro nella sua lingua natia si differenzia in tomate e jitomate, poichè il primo si riferisce al pomodoro verde/giallo mentre il secondo ai pomodorini rossi.

Il pomodoro fu portato per la prima volta in Europa nei primi anni del XVI secolo ma non fu utilizzato subito poiché come tanti altri alimentati portati dal Nuovo Mondo era visto con diffidenza. Il pomodoro infatti apparteneva alla stessa famiglia di piante altamente tossiche come l’erba morella, il giusquiamo e il tabacco. Successivamente invece, fu associato alla mandragola, pianta conosciuta per le sue proprietà afrodisiache. Chiamato dai lirici italiani pomodoro arrivò in Provenza attraverso Genova e Nizza e prese il nome di  pomo d’amore e pomme d’amour in Francia e apple of Love in Inghilterra.

Hernàn Cortès, si racconta, che sia stato il primo a portare il pomodorino giallo in Spagna dopo la cattura della città di Tenochitìtlan, l’antica Città del Messico, ma si pensa che il genovese Cristoforo Colombo l’avesse preceduto di qualche anno.

Il primo trattato dove viene menzionato il pomodoro è uno scritto sulle erbe del botanico Pietro Andrea Mattioli risalente il 1544. Egli si riferiva a questo nuovo frutto come a una nuova varietà di melanzane dal colore rosso sangue o oro e che una volta matura poteva essere consumato tagliato in segmenti, proprio come la melanzana. Dopo la colonizzazione spagnola il pomodoro fu portato in giro per le diverse colonie caraibiche, nelle filippine da cui poi si diffusero in tutto il Sud Est asiatico e successivamente in tutta l’Asia. Questo alimento, conosciuto ancora come frutto, fu quindi portato e diffuso in Europa dove trovarono il clima mediterraneo perfetto per la loro crescita e coltivazione che iniziò intorno al 1540.

In Italia venne diffuso a partire dalla città di Napoli, a quel tempo sotto il dominio spagnolo, inizialmente come pianta medicinale ed ornamentale poiché ancora guardata con diffidenza visto il fatto che le sue bacche rosse allontanassero formiche e moscerini. L’aristocratico fiorentino Giovanni Vittorio Soderini scriveva come i pomodori fossero ricercati solo per la loro bellezza. L’abilità del pomodoro di mutare e creare diverse varietà aiutò a contribuirne il suo successo e la sua diffusione in tutta Italia. Il primo libro di cucina con ricette a base di pomodoro fu pubblicato a Napoli nel 1692, anche se si racconta che l’autore aveva scritto le ricette basandosi su quelle utilizzate in Spagna. Risale al 31 ottobre 1548 un documento di Cosimo de’ Medici, granduca di Toscana, dove veniva informato che il carico di pomodori “era arrivato sano e salvo”. Fu proprio grazie ai contadini dell’Italia meridionale e della Spagna che questo alimento iniziò ad essere apprezzato aggiungendolo con aromi vari al tradizionale pane e cipolla. Dalle mense povere poi passò a quelle più raffinate. Gli Inglesi rimangono i più diffidenti e infatti iniziano a coltivare il pomodoro solo alla fine del XVI secolo e solo a metà XVIII sarà ampiamente diffuso e diventerà base di minestre, brode e contorni sulle tavolo anglosassoni.

Nei primi anni del IXX secolo Anthelme Brillat Savarin conosceva il pomodoro solo da qualche anno e solo sottoforma di salsa, egli scrisse: “Questa verdura o frutta, come la si voglia chiamare, era quasi sconosciuta a Parigi 15 anni fa. Dobbiamo la sua introduzione a quei meridionali che portarono la rivoluzione nella capitale. Molto costosi all’inizio ma poi diventati alimento comune… i pomodori sono una grandissimo dono per la buona cucina, sono eccellenti come salsa che si sposa benissimo con diversi tipi di carne” Da qui il detto “poumo d’amour qu’es bono viando” (è la salsa del pomodoro che rende buona la carne).

Dall’essere un ingrediente nelle salse il pomodoro divenne un piatto in sè: come insalata, come verdura cotta, succo e anche marmellata. Attraverso le colonie inglesi il pomodoro viene introdotto in Medio Oriente verso la fine del 1700, viene poi diffuso in Iran attraverso la Turchia e l’Armenia ma anche grazie  ai frequenti viaggi della famiglia reale Qajar in Francia. Il nome utilizzato per il pomodoro era l’equivalente di melanzana armena, oggi invece viene chiamata prugna francese. Si conoscono diverse varietà del pomodoro, per forma e per dimensione. Ci sono i pomodori da mensa o da insalata che comprendono il Cuore di bue, il Tondo liscio, Palla di fuoco, Meraviglia del mercato, Marmande, Supermarmande, Royal Ace, Costoluto genovese e Costoluto di Parma. I pomodori da pelati o da salsa invece sono i San marzano che hanno una forma più allungata, i Ventura, Roma, Lampadine, Vesuvio e Napoli. I pomodori da serbo, detti anche pomodorini o pomodori da brodo sono il principe Borgeshe, di Prato e Piros. Le varietà Petomech e Todnino invece sono pomodori da succhi e concentrati. Il pomodoro è un ottimo alimento per la pelle, per la vista, per depurare il sangue, favorire la diuresi e aiutare la digestione dei cibi ricchi di amidi. Per la scelta del pomodoro controllare che abbiano sempre il calice a cinque sepali e picciolo verde scuro, una buccia liscia, lucida senza increspature. Devono essere sodi al tocco e carnosi all’interno. Il pomodoro non necessità di stare in frigorifero, infatti sotto i 10°C le sue proprietà potrebbero essere alterate.

Pomo d’amore alla provenzale
Categoria: Antipasto o Secondo
Autore: Giulia Tacchini
Preparazione: 30 mins
Complessivo: 30 mins
Questa ricetta racchiude il sapore autentico dei pomodori, esaltandone la dolcezza, la consistenza e l’acidità di ogni varietà.
Ingredienti
  • Per quattro persone
  • -8 pomodori di varietà diversa, di media dimensione, carnosi
  • -Sale
  • -Pepe
  • -Aglio
  • -Pan grattato o pane raffermo da grattugiare al momento
  • -Olio d’oliva
Istruzioni
  1. Per prima cosa scegliete dei pomodori che non siano troppo maturi, devono essere carnosi non acquosi.
  2. Tagliateli a metà verso, dall’alto verso il basso (questo è il primo segreto!), in questo modo entrambe le metà saranno uguali.
  3. Rimuovete i semi con un coltello appuntito, aggiungete un po’ di sale e posateli con la parte tagliata verso il basso su un piatto dove avrete precedentemente scaldato dell’olio d’oliva.
  4. Agitate i pomodori in modo da far sgocciolare l’acqua e poi posateli ancora su una padella con l’olio bollente.
  5. Quando iniziano a sfrigolare e la pelle inizia a rompersi girateli dall’altro lato e continuate la cottura.
  6. Se è necessario aggiungete altro olio.
  7. Quando sono cotti spolverate di sale e pepe. nella padella con l’olio dove i pomodori hanno iniziato a caramellizzarsi fate scaldare un po’ di aglio, prezzemolo tagliato e grattugiate del pane raffermo.
  8. Spargete il composto ottenuto sui pomodori e mettete tutto il piatto a scaldare in forno per qualche minuto stando attenti a non fare asciugare troppo i pomodori.
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