ConsuMare Giusto ci parla del consumo di gamberetti, un pesce piuttosto facile da trovare sulle tavole di tutti noi. Sentiamo cosa ha da dirci …
Di Daniele Tibi
Scommettiamo che possiamo dirvi quali pesci mangiate di solito?
Molto probabilmente tra le vostre scelte ci sarà il tonno, il pesce spada, le acciughe, il merluzzo i gamberi, il branzino e magari l’orata! Abbiamo detto giusto? E come abbiamo fatto ad indovinare? Semplice, esiste una classifica. Al mondo ci sono duemilacinquecento specie di pesce buono e commestibile, ma in genere se ne consumano circa quindici-venti. Perché?
Perché sono le più buone? No.
Perché sono le più sane? No.
Perché sono le più economiche? No.
Perché sono le più semplici da pulire o preparare? Sì.
Scopriamo insieme quali sono le scelte più comuni di noi consumatori, e quanto sono sostenibili.
Al ventesimo posto troviamo i gamberetti.
I gamberetti occupano l’ultima posizione della classifica che riguarda il consumo di pesce su duemilacinquecento, ma sono al primo posto della classifica del pesce non sostenibile sotto tanti punti di vista. I metodi di pesca (reti a strascico) distruggono l’habitat e causano catture accidentali di animali non desiderati (tartarughe marine, delfini, squali, uccelli) fino all’80-90% della pescata. Alcuni stati che li allevano non sempre hanno leggi che ne consentano la regolamentazione (ad esempio le regioni boreali), distruggono il prezioso habitat delle zone costiere (le foreste di mangrovie) e spesso gli stessi lavoratori del settore vengono sfruttati e non godono di alcuna tutela del lavoro. Inoltre, nei gamberetti allevati è possibile la presenza di contaminanti, anche dovuta all’utilizzo di obsoleti e dannosi antibiotici nelle vasche. Esistono allevamenti europei dotati della certificazione BIO, considerati sostenibili, i quali gamberetti sono però di difficile reperimento sul mercato. Altro prodotto sostenibile sono quelli pescati con le nasse, ma sono venduti a caro prezzo e solo sul mercato locale.