Un’intervista che sa di Marche a Letizia Federici. Leggete la sua storia.
Di Dorina Palombi

Ho conosciuto Letizia Federici un paio di mesi fa. E’ marchigiana come me, ha un sorriso contagioso, uno sguardo sincero e un progetto ambizioso.
Non puoi non amarla. Così ho voluto raccontare tutta questa bellezza. E la sua storia, che di certo emozionerà voi come ha emozionato me.
Sentirete parlare di lei. E delle Marche. Scoprite insieme a me il perché.
1) Come mai hai deciso di affidare il tuo futuro al master in scienze enogastronomiche?
Sono sempre stata appassionata di cibo, sin da tempi non sospetti, quindi prima di Masterchef e della mitizzazione degli chef. Io ero già innamorata di loro a 16 anni, i calciatori non li ho mai guardati!! Scherzi a parte, ho sempre trovato il cibo un mezzo di comunicazione per eccellenza, un veicolo culturale, un collante tra persone, l’unica forma d’arte e di artigianato a coinvolgere tutti i 5 sensi. Non a caso le tesi della triennale e della specialistica sempre di cibo parlavano. E sin dall’università ho sempre cucinato per tutti. Il Master è stato il coronamento di un percorso personale che, con qualche deviazione, mi ha portato ad approfondire il tema del cibo, della salute legata all’alimentazione, della salvaguardia ambientale, dei diversi stili e tecniche agricole del passato e del presente. Il Master di Slowfood lo puntavo da anni, rappresentava, nel mio immaginario, il perfetto connubio tra didattica ed esperienza, studio, divertimento, viaggi, un’emblema di condivisione e reciproca ispirazione quotidiana, dato che raccoglie studenti da tutto il mondo. Chi non si affiderebbe ad un’atmosfera del genere? 🙂
2) Un viaggio dalle Marche e nelle Marche il tuo?
A dire il vero dalle Marche ero partita da un pezzo, direi più che sono “scappata” a 19 anni, curiosa di imparare a vivere da sola. Firenze, Milano e poi l’America e il Piemonte… ma più gli anni passavano e più la voglia di radici si faceva sentire. Radici che non ho mai abbandonato, sia chiaro. Trascurate, per un periodo, forse si; ma questa, si sa, si chiama post-adolescenza!! Ed ora eccomi qui, consapevolmente e felicemente basata nelle Marche, a Jesi. E più le vivo più le riscopro, più mi appassionano e più mi sento energica. Si, è definitivamente il mio “place to be”.
3) Parlaci dei presidi Slowfood e in particolare quelli delle Marche, la tua regione?
Grazie per avermi fatto questa domanda, credo che almeno l’85% delle persone non sappia che un presidio Slowfood non è altro che un prodotto alimentare (un formaggio, una specie di pescato, un ortaggio…), tendenzialmente recuperati da un passato rurale che si sta estinguendo a causa dell’industrializzazione dell’agricoltura e dai ritmi e dettami che la globalizzazione impone al mondo enogastronomico. Oltre al reale rischio di estinzione, un Presidio Slowfood deve avere un legame forte con il terroir, con la tradizione connessa al territorio di riferimento e legato ad una produzione di piccole dimensioni, artigianale nel vero senso della parola. E poi devono essere buoni, puliti e giusti, come Carlin Petrini ci insegna, ossia gustosi, dalle spiccate proprietà organolettiche, quelle che il popolo dei supermercati e dei fast-food non riconosce perchè appiattiti da sapori industriali, tutti simili gli uni agli altri. Pulito perchè la salvaguardia dell’ambiente è uno dei cardini su cui si basa e cresce Slowfood, per cui un prodotto marchiato con la famosa chioccilina non può non venire prodotto nel massimo rispetto della natura. Un po’ come i nostri bisnonni facevano spontaneamente: perchè maltrattare la terra che ci da da mangiare? Bella domanda… E infine giusto, cioè equo dal punto di vista sociale ed economico; non esiste sostenibilità ambientale che non sia legata a quella sociale ed economica, un prodotto va pagato in base al lavoro necessario per produrlo in modo sano e giusto e nessun componente della filiera va sottopagato o sfruttato.
Ad oggi i Presidi marchigiani sono 6 (La cicerchia di Serra de Conti, Il mosciolo di Portonovo, La mela e il pecorino dei Sibillini, il salame di Fabriano, il lonzino di Fico), inutile dire che sono una fan di ognuno di loro, con un forte debole per la cicerchia e il mosciolo. Non a caso uno dei miei cavalli di battaglia è la zuppa di cicerchia con mosciolo selvatico e parmigiano. Provare per credere!!!
4) Un pregio e un difetto delle Marche nel comunicarsi a livello enogastronomico?
I pregio delle Marche a tavola è senz’altro l’autenticità, che si comunica da sola, che sprizza da ogni ricetta locale e da ogni osteria alla buona, di quelle con le tovaglie a quadri e il Verdicchio della casa. Pregio che, se vogliamo, possiamo allargare alle Marche in generale, ai suoi paesaggi, alla popolazione che la abita. Schiettezza e genuinità risiedono in ogni piatto della tradizione, figlia di una campagna mezzadrile dove davvero non si buttava via niente e che ha dato vita alle più famose ricette locali, una su tutte i nostrani vincisgrassi, cugino meno nobile della Lasagna Bolognese (sugo di frattaglie e “scarti” versus ragù di carni selezionate).
Purtroppo le Marche non sanno far parlare di sè, sono ritrose, sin troppo modeste. Ecco perchè sto preparando, insieme ad altre donne marchigiane, un progetto di diffusione e promozione delle meraviglie che ci circondano. Credo che uno stile fresco e femminile sia la carta vincente per far scoprire una regione poco conosciuta, educare ad una più sana alimentazione, proporre ricette con “questi fantomatici presidi” e dimostrare come si possano coniugare tradizione-tacchi a spillo-guanti da forno.
Sarebbe davvero un peccato tenere nascoste le Marche solo per noi 🙂
5) Come sogni il futuro Slowfood delle Marche?
Beh, più che sognare un futuro Slowfood sogno un futuro di maggiore gloria per la nostre Regione, ne sogno una sana valorizzazione, che non può prescindere dall’agricoltura e dall’enogastronomia. Se Slowfood avrà un ruolo in questo? Beh credo proprio di si dato che la rete di associati e di sedi sta crescendo, tuttavia credo che tutti gli enti, dai sindacati agricoli, alla politica locale, alle associazioni ambientali alle cooperative debbano contribuire, lavorando in squadra. Un nuovo piano rurale dovrebbe essere il primo passo. Forte di questa convinzione, più che sognare cerco di agire, tramite il network di gastronomi, agronomi e foodies che ho intessuto e incrementato negli ultimi anni e progettando la conversione dell’azienda agricola di casa, che vorrei riportare allo splendore di quando il mio bisnonno l’ha costruita. Con le dovute tempistiche, con calma. Le Marche sono tranquille, non vanno prese di petto, altrimenti si spaventano, si chiudono e addio… bisogna ricominciare da capo!! 🙂
6) Raccontaci la tua tesi
La tesi con cui ho concluso il master Enogastronomico di Slowfood si intitola “Postcard from Marche: a taste of traditional future”. Ho diviso il mio discorso in tre capitoli (Passato, Presente e Futuro) fornendo uno spaccato della tradizione agricola e gastronomica dall’800 ai giorni nostri, intervistando agricoltori e cooperative per avere una fotografia della campagna odierna e delle problematiche maggiori e chiudendo con il mio sogno, l’azienda Agricola Federici rivista e corretta.
7) Esprimi un desiderio.
Voglio diventare famosa come la Peronaci di GialloZafferano e ovviamente sposare uno chef.
Scherzo.
Il mio desiderio più grande è realizzare anche qui nelle Marche un’agricoltura sostenibile ma “attraente”, che si sappia ben comunicare, che avvicini le persone ad un’educazione alimentare e al rispetto per animali e suolo ma senza mettersi in cattedra, che sappia attrarre turismo,suscitare sorrisi, accendere sguardi, portare business e creare un mercato di eccellenze locali. Basta sbadigli, basta comunicazioni di servizio sbiadite e noiose!! Il mio motto è “Non vedo perchè se è sostenibile debba essere per forza sciatto”… tante realtà che ho visitato all’estero e anche in alcune zone italiane riescono a coniugare la qualità del prodotto e un buon branding. Non vedo perchè le Marche non dovrebbero riuscirci.
8) Una cosa che hanno solo le Marche?
C’era un vecchio slogan pubblicitario che le descriveva come “L’Italia in una Regione”. Beh mi sento di riproporlo e sottolinearlo: mare, montagna e collina a pochi passi, santuari e paesini ricchi di arte e storia. E chiaramente cibo e vino di super-qualità, molto variegato a livello di materie prime, qualità che accomuna tutti i tipi di ristorante, dalla trattoria alla stella Michelin.
E poi sai che c’è? Una volta che ci apriamo, siamo proprio simpatici!!!!
Bhe, non la amate anche voi ora?!?
Quindi fate attenzione. Le Marche stanno arrivando.