La pesca ha conosciuto grandi progressi tecnologici negli ultimi decenni, con effetti positivi e negativi, come gli sprechi nel pescato e catture accidentali.
Di Daniele Tibi

Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad enormi progressi tecnologici che hanno interessato anche il mondo della pesca. Dai sonar sempre più potenti che rintracciano anche i piccoli banchi di pesci, alle enormi reti zavorrate e dotate di ruote per la pesca a strascico sulle dorsali oceaniche, ai nuovi materiali sintetici, gran parte delle ultime ricerche hanno diretto l’attenzione verso strumenti di pesca capaci di catturare più prede possibili, spesso senza curarsi del fatto che questi dovessero anche essere selettivi.
Ecco perché di tutta l’abbondanza pescata con queste attrezzature, in media solo i tre quarti sono messi in commercio (la quota dello scarto sale al 80-90% se si parla di gamberetti tropicali). Lo scarto è costituito da catture accidentali, cioè non volute: si tratta nella maggior parte dei casi di specie non commerciali (invertebrati soprattutto, come coralli, madrepore e spugne, tra gli altri), a volte protette, o eccedenti la quota di pesca concessa al pescatore.
Le tartarughe sono forse il caso più noto di bycatch (catture accidentali), ma nelle reti finiscono anche gli uccelli (tra cui gli albatros “re dell’azzurro”, alter ego dei poeti secondo Baudelaire), i mammiferi marini e gli squali, molte specie dei quali sono ormai a rischio di estinzione proprio a causa di questi “incidenti”. Gli stessi pescatori ricevono un grande danno da questa ingente quantità di pescato da buttare perché costretti a separarla dal resto e poi a rigettarla in mare, ormai senza vita.
È evidente che strumenti capaci di evitare il bycatch sarebbero un aiuto per tutti: organismi marini, esseri umani di oggi e soprattutto generazioni future.
Recentemente lo studio dell’impatto degli strumenti di pesca sull’ambiente ha permesso di apportare alcune importanti modifiche, in modo che essi siano sempre più selettivi e sostenibili: che peschino cioè solo la specie bersaglio. In questo modo sono stati creati, tra gli altri, gli ami tondi, che riducono fino al 90% le catture di tartarughe marine. Con le stringhe colorate sui palangari di superficie, è possibile salvare il 70% degli uccelli marini che altrimenti rimarrebbero uccisi dagli ami. Sono in fase di test anche tante nuove invenzioni davvero tecnologiche, come stazioni galleggianti che aspirano la plastica dal mare, sistemi di telecamere per controllare da lontano le “calate” delle reti dei grandi pescherecci, e non solo.
Anche in questo caso, come detto nel precedente post, ognuno può fare la sua parte. Mentre ingegneri e pescatori cercano e applicano nuove soluzioni, si spera sempre più sostenibili, noi consumatori siamo chiamati a scegliere. Per chi desidera la qualità e non la quantità, esistono alternative verificate da enti certificatori (MSC, Friend of the Sea) che ci garantiscono, ad esempio, che la selettività degli strumenti sia alta e che lo scarto prodotto da quelle marinerie sia molto basso.