Masseria Altemura – Equilibrio e armonia

Dopo due giorni presso Masseria Altemura e tanto buon vino Luca ha chiuso la quadratura, trovando due parole che da sole potessero descrivere questa realtà: equilibrio e armonia. Vediamo perché.
Testo e foto di Luca Maruffa

Trovo in questo lunedì di cielo pallido vicentino il tempo necessario per scrivere un articolo su una due giorni piuttosto interessante. Il 26 e 27 Maggio, infatti, sono volato in Puglia per una rapida due giorni presso Masseria Altemura, tenuta che la Famiglia Zonin ha di recente portato a “nuova vita”.

Il luogo si trova nel cuore del Salento, nei pressi di Torre Santa Susanna. Il calore di una luce che dona alle cose una forma netta e precisa e che permette di goderle in tutte le sfumature stregherebbe qualsiasi persona. Basta un veloce colpo d’occhio per comprendere come Gianni Zonin si sia letteralmente innamorato della tenuta, intuendo che il lavoro e l’esperienza della sua famiglia e dei suoi collaboratori avrebbe potuto portarla a “nuovo splendore”, contribuendo non solo al successo di un’impresa, ma anche ad un progetto il più possibile condiviso che faccia del Salento e della Puglia una meta turistica e culturale caratterizzata da un focus ideale: quello enogastronomico.

Ed è così che arrivo alla tenuta assieme a Benedetta Mele di Mille Eventi, che ha reso possibile la trasferta, Laura Forti di Cucina Italiana e Serena De Carlo, food blogger pugliese, un po’ stanco per il viaggio e per una Milano Food Week appena terminata. Il tempo di parcheggiare l’auto e di fare due passi e il paesaggio mi colpisce con la sua luce e la sua chiarezza. Mi prende quello stupore sereno che portano con loro le forme perfette. Non sono enfatico quando dico che il luogo è una sintesi di quell’armonia che sola riescono a dare l’ingegno umano e la bellezza della natura: da un punto di vista visivo questa sintesi è lampante, e si mostra nella struttura centrale della masseria, edificio di nuova costruzione che ha saputo unire ad una modernissima pulizia delle linee i materiali degli edifici tradizionali di queste zone. L’impressione è quella di un equilibrio tra terra e progettualità, che si esprime in tutta la sua delicatezza estetica: una commistione troppo spesso dimenticata al giorno d’oggi, sostituita dalla necessità di stupire e dall’insensibilità per l’accostamento degli elementi.

La giornata è anche quella di “Cantine Aperte”: appassionati e curiosi si muovono tra alberi e ulivi, provano i vini, seguono in un piccolo “tour” l’enologo della cantina ancora in fase di ambientamento (ci dirà poi che la sua avventura in Puglia è iniziata solo cinque giorni prima!), ammirano e comprendono l’importanza di un progetto ambizioso nel bel mezzo della loro terra.

Ci raggiunge Giovanna Lazzari, responsabile della comunicazione di Zonin, introducendoci subito l’idea che sta alla base del progetto: la Famiglia Zonin ha preteso di mantenere fortissima l’identità e la tradizione del luogo, dotandolo piuttosto degli strumenti e della visione imprenditoriale che esaltino le peculiarità di una terra generosa come il Salento.

Nel mezzo di un cielo a tratti azzurro, a tratti minaccioso, seguiamo Giovanna, che ci introduce le principali caratteristiche del vigneto. Ci accompagna anche nella cappella del XVI secolo, restaurata dalla Famiglia Zonin, che fa il paio con la torre palombara, che diventerà alloggio esclusivo per ospiti e turisti. Ci accodiamo poi agli altri ospiti, stimolati dal suono della Pizzica, interpretata e ballata da un gruppo di ragazzi. Seguiamo l’enologo assieme agli ospiti di “Cantine Aperte”, entrando in quel gioiello di biancore che è la parte centrale della tenuta e che tanto mi aveva colpito all’inizio. Il percorso di ghiaino si sviluppa in mezzo agli ulivi. Qui ci viene spiegato in modo semplice come il vino prodotto: sciacquatrice, riempitrice, etichettatrice e fase di inscatolamento, per una produzione che quest’anno dovrebbe arrivare alle 400.000 bottiglie. Abbiamo anche il tempo di godere di alcune fotografie scattate nelle diverse tenute della Famiglia Zonin da Jon Golden, noto fotografo di paesaggi e di osservare la cantina di affinamento, composta da botti di Rovere di Slavonia e in Tonneaux di Rovere francese di Allier, dove matura il vino rosso.

Arrivato a questo punto, amici, e nonostante la lunga Milano Food Week di HonestCooking.it, fatta di degustazioni, conviviali mangiate ed eventi, il vino avevo voglia di provarlo (sì, bere bene piace da queste parti!), attirato in particolar modo dal Primitivo (vino così legato al territorio e prodotto di punta della cantina). E  così ci siamo ritrovati in una piccola ed elegantissima sala da pranzo, armati di grissini e mozzarelle (che non vi racconterò, tanto erano buone) per provare, uno ad uno, i vini della cantina.

Inutile dire che non siamo partiti dai Primitivi, ma da molto lontano: aperitivo ideale, il Rosamaro mi ha piacevolmente stupito. Ideale sintesi tra un rosato frizzante e un Negramaro. Raramente mi appassionano gli spumanti, ma questo rappresenta sicuramente uno spumante piacevole, fresco e per nulla banale.

Tocca poi al Rosato, vino che ha il compito di portare avanti la tradizione pugliese di questo genere di vino: ho fatto fatica a capirlo sulle prime, avvertendo poco il suo finale fruttato, ma poi, nella cena della stessa sera ad Ostuni, l’ho trovato più gradevole.

Ho sempre avuto l’impressione (totalmente personale, sia chiaro) che se un bianco fermo non è veramente ben fatto sia un vino evitabilissimo: non è il caso del Fiano di questa cantina. Sia durante la degustazione sia a cena l’ho trovato equilibratissimo. Ammetto che ne vorrei un bicchiere ora, in questa giornata uggiosa, per sentire tutto il calore della Puglia e di una terra che si trova nel mezzo tra Ionio e Adriatico.

Siamo poi passati ai rossi: l’Aglianico, pur essendo un buonissimo vino ha ancora bisogno di qualche tempo per raggiungere il suo massimo livello. Questa è un’osservazione che ha fatto anche il Direttore di Masseria Altemura, Antonio Cavallo, che mi ha chiarito così le mie perplessità. Perplessità, sia chiaro, che nascono solo dopo l’assaggio dei successivi rossi: tutti vini di qualità elevatissima.

Il Negroamaro, frutto del vitigno autoctono pugliese: vino deciso, ricco, che viene lasciato riposare molto in bottiglia. Un Negroamaro di qualità, per una cantina di questo territorio, è un biglietto da visita imprescindibile e importante.

E poi siamo arrivati ai Primitivi: il primo, chiamato Sasseo, il secondo Altemura. Entrambi impegnativi, entrambi da accompagnare a pasti importanti o a momenti di “meditazione”, rappresentano sicuramente ottimi prodotti in quello che è un vino veramente tipico della zona. Mi ha colpito in particolar modo il secondo, espressione massima del Primitivo di Torre di Santa Susanna.

In sintesi i vini provati sono di indubbia qualità, e presentano, tra l’altro, un rapporto qualità/prezzo che considero quasi imbattibile, oltre che una cura non scontata dedicata alla bottiglia e alle nuove etichette. Aspetto non secondario, considerata l’importanza che un’azienda che compete sul mercato estero deve mettere anche in questi particolari, che non possiamo più considerare come “particolari”, ma come variabili fondamentali e elementi di valorizzazione del lavoro che comporta la creazione di un buon vino.

Gli stessi vini li abbiamo abbinati anche ai diversi piatti della cena, per la quale ci siamo spostati in quel gioiello che è la cittadina di Ostuni: un po’ sopra al Duomo, così suggestivamente rinchiuso nella salita che la compone, facciamo visita ad un ristorante piacevolissimo nell’ambiente e nei piatti proposti: L’Osteria Piazzetta Garibaldi, il cui menu spazia da una verdura rivisitata in modi originali, passando per un’ottima carne e, lo devo dire, un dolce strepitoso. Raccontare ogni piatto sarebbe un po’ lunga: vi basti sapere che il ristorante sorge in un’ala dell’antico castello di Ostuni e che l’ambiente crea un ottimo connubio tra eleganza e informalità.

E’ tempo di raccontarvi del secondo dei giorni presso la Masseria: raggiunti da Michele Zonin, il terzo dei figli del Presidente dell’azienda, abbiamo avuto modo di visitare le varietà di vigneti assieme al Direttore della tenuta, che ci ha mostrato, tra l’altro, le differenze tra il fogliame dei diversi vitigni e soprattutto spiegando la sapidità e la mineralità dei vini Altemura, dovute al terreno ferroso e calcareo e ad un’opera di spietramento che consente ai vitigni (in totale circa 130 Ettari) di ricavare dal sottosuolo grande nutrimento, oltre che più luce.

Il momento del divertimento, invece, è venuto con la preparazione delle tipiche “orecchiette” pugliesi da parte di noi invitati. E’ seguito un pranzo in cui la mozzarella, gli affettati e la stracciatella hanno accompagnato le ultime chiacchiere con tutto il gruppo di Altemura, gli altri ospiti e Michele Zonin.

Vedere da vicino il modo di lavorare di una cantina che deve unire la qualità del prodotto alle esigenze di un mercato sempre più vasto e complesso è molto affascinante: l’attenzione e la sensibilità nello sviluppo del prodotto sono umani, sensibili, aderenti all’esperienza e alla conoscenza diretta della terra. Il processo è automatizzato e programmato. Vive secondo le logiche aziendali necessarie alla sostenibilità del suo modello.

Cosa, dunque, mi porto a casa da questa due giorni?

Io direi questo: un’idea di equilibrio e armonia, modo unico per gestire con mano veramente virtuosa un’azienda che opera nel campo enogastronomico: la specificità del territorio inserita in una logica aziendale diversificata nei prodotti di un grande gruppo, che fa vino per mercati sempre più vasti con un’attenzione reale al prodotto, alla sua origine, alla sua storia. Non c’è che dire: la recente storia di Altemura è un caso interessantissimo che ci serve a capire quali sono le priorità che si impongono alle aziende ambiziose di questo settore.

Siamo sempre lì, a quel primo colpo d’occhio: un edificio appena costruito, talmente ben calibrato in mezzo agli ulivi e alla luce della Puglia da sembrare lì da sempre; al suo interno l’innovazione e un cuore capace di rispondere in termini di qualità e quantità alla concorrenza ormai globalizzata. Una famiglia di Vicenza che promuove senza invadere un territorio che può dare moltissimo, portandolo a livelli di eccellenza dal punto di vista aziendale, con le risorse che servono per renderlo produttivo e grande.

Che sia questa armonia, lei sola, e la capacità di fare rete e sistema, la via da percorrere in un periodo così difficile per molte delle realtà di questo paese?

Tutto questo merita una riflessione.

A presto, amici di HonestCooking.it!

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