“Metti un celiaco a cena” e la FornoStar più forte del web

Intervista a Stefania Oliveri, detta FornoStar, che ci parla del suo “Metti un celiaco a cena”.
Di Lina d’Ambrosio

Uno degli ultimi appuntamenti della nostra rubrica verteva su un argomento molto caro agli amici celiaci: essere ospiti a cena da qualcuno. Oggi vorrei ricollegarmi a quel discorso e approfittarne per presentarvi Stefania Oliveri, conosciuta nel web come Stefania FornoStar.

Siciliana verace, una personalità vulcanica, sempre con il sorriso e sempre con un’idea da mettere in tavola. Se potessi usare solo un aggettivo per descriverla, e sarebbe una vera impresa racchiuderla in una sola parola, penso che sceglierei “scoppiettante”. Due libri all’attivo, l’ultimo dei quali, che si intitola appunto “Metti un celiaco a cena”, alla seconda ristampa. Un blog personale altri due o tre (o quattro?) in collaborazione con altre persone. Ormai ho perso il conto! Nell’articolo di oggi non voglio parlare in particolare del suo libro, che in ogni caso vi invito caldamente ad acquistare, ma vorrei soffermarmi su di lei e sulla sua esperienza. Le ho fatto qualche domanda, quindi mettetevi comodi e andiamo a conoscerla meglio.

Sul tuo blog si legge che prima della celiachia non cucinavi e che il cucinare in sé fondamentalmente non ti piaceva nemmeno.
La tua è una cucina nata da un’esigenza, ci vuoi raccontare come si è evoluta?
È vero, prima di scoprire di essere celiaca non cucina granché, se non per nutrirmi. Mi piaceva fare delle torte, ma delle torte semplici per la colazione e sempre le stesse.
Quando ho scoperto di essere celiaca ho pensato che non avrei mai più potuto assaggiare le prelibatezze che mangiavo fuori casa e soprattutto che non avrei mai più potuto mangiare dolci. Così decisi di cominciare a cucinare tutto quello che potevo che nasceva già senza glutine. Piano piano scoprii che non cucinavo così male e così cominciai a lanciarmi anche nella conversione delle ricette con glutine, dapprima con risultati disastrosi, ma poi, grazie anche ad internet e alle pioniere del senza glutine, con risultati sempre migliori, fino a quando non ho cominciato a capire io stessa come funzionavano le varie farine e mi sono lanciata in esperimenti, quasi sempre ottimi.
Di solito i blog e i libri che trattano di argomenti senza glutine si rivolgono alle persone celiache, che magari lo sono diventate da poco, con l’intento di aiutarle ad orientarsi nell’universo parallelo del gluten free.
Tu no. Tu hai dichiarato espressamente di voler parlare ai non celiaci per sensibilizzarli ad un uso parsimonioso di alimenti contenenti glutine in generale. Funziona?
I più sensibili sono sempre quelli che comunque conoscono già un celiaco e vogliono farlo mangiare. Gli altri pensano che non siano ricette per loro e comunque che non siano davvero buone. Mi capita spessissimo che chi viene a mangiare a casa mia mi chieda se quello che stanno mangiando sia senza glutine e, regolarmente, rimangono stupiti dal sapere che la risposta è “si”. Perché ci si aspetta che il cibo senza glutine non sia altrettanto gustoso e appetitoso di un cibo col glutine. Invece il trucco sta nel saperlo cucinare, in piccoli accorgimenti che lo rendono buono tanto quanto un buon cibo glutinoso.
Se ci capita di mangiare del cibo glutinoso brutto si dà la colpa al cuoco, se si parla di gluten free invece si dà la colpa al cibo.
Forse il fatto di parlare di “senza” glutine induce a pensare che si tolga qualcosa, che sia una diminuito, per questo io uso al contrario il termine gluten FREE, perché free ha una accezione positiva di libertà.
Io credo che non sia un caso diventare celiaci nel paese che di fatto è il Re del carboidrato.
Ma in Italia, secondo te, siamo attrezzati per far fronte a questo tipo di esigenze?
Sicuramente è molto più difficile, perché tutto questo uso del carboidrato glutinoso, fa sì che la contaminazione (nostra acerrima nemica) sia maggiore. Quindi diventa più difficile anche mangiare fuori, perché i ristoranti devono avere la doppia cucina per essere certi di non contaminare i cibi ed essere certificati dal circuito AIC.
Io, però, cerco di vivere la cosa con un pò più di leggerezza. Nel senso che frequento anche ristoranti non certificati, che però mi fanno capire di essere competenti in materia e, il 99% delle volte, la mia fiducia è ben riposta, perché non risento di alcuna contaminazione.
Ritengo che di questa malattia, l’aspetto peggiore sia proprio quello sociale. Ad esempio, mio figlio, che è celiaco da quando aveva 9 anni, al principio non voleva andare alle feste dei compagni perché non voleva mangiare cose diverse da loro. Perché questo ti fa sentire diverso, ghettizzato, minore. Da quando invece le feste si sono spostate in pizzeria e la pizzeria dove vanno a mangiare ha anche la pizza senza glutine, lui va volentieri e si sente uguale a tutti gli altri.
Il viaggiatore celiaco ha metà della valigia dedicata al cibo, l’ho letto sul tuo blog e l’ho imparato per esperienza personale. Noi viaggiamo molto e abbiamo notato parecchie differenze all’estero.
A te piace viaggiare? Come affronti l’idea di un viaggio? In quale paese ti sei trovata meglio?
Io adoro viaggiare e anche se questo implica dover portare una valigia in più, parto sempre molto volentieri. Mi organizzo soprattutto una scorta per fare colazione e mi porto del pane per fare dei tramezzini a pranzo. La sera, di solito, vado a mangiare in qualche locale. Faccio così, perché avverto immediatamente la contaminazione e durante il giorno cerco di non mettermi nelle condizioni di star male.
Mi porto dietro anche un biglietto con scritto tutto ciò che riguarda la celiachia nella lingua del luogo, così che, anche chi non fosse informato, non commetta sbagli a causa di incomprensioni linguistiche.
Il paese dove mi sono trovata meglio è la Spagna. Il cibo è quasi tutto naturalmente senza glutine, quindi non è difficile trovare qualcosa da mettere sotto i denti.
Il luogo dove finora ho riscontrato i maggiori problemi, invece, è Praga. La cucina praghese è tutta contaminata da panature o infarinatura, cosicché anche cibi che nascono naturalmente senza glutine, come la carne, non possono essere consumati anche dai celiaci.
Purtroppo penso anche che la cultura di un popolo passi anche attraverso la sua cucina, quindi non poter assaggiare le prelibatezze dei luoghi che visito, mi taglia via una fetta importante della conoscenza…
Hai da poco pubblicato il tuo secondo libro “Metti un celiaco a cena”, ci racconti com’è nato?
L’idea è nata tanto tempo fa quando andando a casa di amici e parenti non trovavo niente da mangiare o, peggio, qualcosa di cucinato a parte, come se i celiaci avessero anche problemi di stomaco. Invece ci sono tantissime ricette che normalmente si cucinano che sono naturalmente senza glutine e, tante altre, che invece possono essere rese senza glutine con piccoli accorgimenti.
Infine, la scoperta della celiachia di mio figlio, mi ha spinto a concretizzare questo “gioco”.
Quando vai a presentare il tuo libro nelle librerie, che tipo di pubblico trovi? Sono appassionati di cucina, celiaci, non celiaci o semplicemente curiosi? Che tipo di domande ti fanno?
Di solito trovo celiaci. O amici e parenti di celiaci. Insomma gente già interessata all’argomento. Raramente è capitato di incontrare gente interessata al libro in sé e per sé. Però mi è capitato di vendere il libro a persone non interessate affatto all’argomento, dopo avermi sentito parlare, perché ha capito lo spirito del libro, e cioè il fatto che NON è un libro per celiaci, ma per tutti. E tutti e dico proprio tutti, l’hanno acquistato dopo aver assaggiato le mie pietanze, perché, mi hanno detto, che non avevano mai mangiato cibi così buoni, nemmeno col glutine.
Se fossi un piatto, ovviamente gluten free, che piatto saresti?
Sarei sicuramente una cassata! Intanto perché è siciliana come me, perché è baracca fuori, con tutti quegli orpelli, perché è morbida dentro, è dolce e racchiude in sé tutte le consistenze. Forse un pò presuntuosa? No, solo consapevole delle mie mille sfaccettature e, in fondo, del fatto che glutine ce ne va talmente poco che facilmente sostituibile, come tutto nella vita!
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