Michele Biagiola, l’ultimo dei romantici

Dorina intervista Michele Biagiola chef dell’Enoteca Le Case di Macerata.
Di Dorina Palombi

Ho incontrato Michele Biagiola a Tipicità, la fiera dell’enogastronomia e delle eccellenze marchigiane tenutasi ai primi di marzo a Fermo.
Ci siamo messi a chiacchierare, più che a gestire l’intervista con un vero e proprio stile domanda/risposta.

Perchè Michele Biagiola, chef dell’Enoteca Le case di Macerata, si racconta come farebbe Lord Byron e sussurra la sua passione e la sua terra con tocco gentile e delicato, introspettivo e armonioso. E i diversi riconoscimenti ottenuti lo incoronano a diritto “narratore del territorio marchigiano”.

Michele, ho visto il tuo intervento a Identità Golose e sono rimasta affascinata dalla delicatezza con cui racconti e usi le erbe spontanee.

Come dice Giacomo Leopardi “Sono erbe che si calpestano senza rendercene conto” ed è un peccato, quindi preferisco cercarle e utilizzarle nei miei piatti.
Ci sono aziende che le producono, creano queste mini erbette e le vendono a realtà metropolitane in cui è davvero difficile reperirle.
Così penso che io apro la porta e ne trovo tantissime davanti a me, a perdita d’occhio. E mi ritengo a tal punto fortunato da render loro omaggio nelle mie creazioni. E’ fondamentale per me la qualità di ciò che metto a tavola e amo che stagionalità e km zero non siano solo parole con cui riempirsi la bocca perchè un trend passeggero.
Quindi alle erbette giapponesi preferisco la borraggine, che mi regala lo stesso sapore e il medesimo risultato che profuma di mare.

E chi abita in città come può ottenere lo stesso risultato?

In un contesto urbano è più complesso. Non bisogna lasciarsi influenzare e bisogna cercare di avere il più possibile la mente dedicata al territorio.
Troppo spesso per inseguire il fusion dimentichiamo ciò che abbiamo sotto gli occhi e priviamo noi stessi dell’emozione che può donarci qualcosa di immediato.
Bisogna conoscere il gusto delle cose e l’unico modo è il contatto con la materia prima. Personalmente amo abbandonarmi alla mia terra, ai suoi prodotti, e lasciare che mi stupisca.

Cosa vorresti insegnare a tuo figlio per creare la sua cultura gastronomica?

Vorrei insegnargli la cultura, il rispetto, la conoscenza del territorio  che l’ha visto nascere.
Tutti, al giorno d’oggi, possono imparare a cucinare. Ci sono lezioni di ogni genere reperibili in rete. Ma la cultura è fondamentale al pari della tecnica; i ragazzi devono conoscere la storia di una ricetta, di un prodotto e avere il contatto con la loro regione. Deve essere spiccata anche la sensibilità verso il proprio luogo, l’emotività di un prodotto di nicchia che stimola i sensi e che è diverso sempre e comunque da un prodotto della grande distribuzione.

Se ti chiedessi di raccontare il territorio marchigiano attraverso i suoi prodotti cosa mi diresti?

Ti direi che è bello ampliare il discorso, e lo sguardo, al bacino del mediterraneo. Erbe che trovo a Macerata non sono poi diverse da quelle che trovo nel sud della Spagna.
Sarebbe bello per una volta, dimenticare il singolo -siano le Marche piuttosto che Umbria o Toscana- e parlare al plurale.
Mi piace di più distinguere Nord, Centro e Sud se proprio dobbiamo fare una classificazione: vado al sud per cercare il profumo degli agrumi e la salsedine, cose che lo identificano e che stonano da un’altra parte.

Il tuo pensiero sull’Expo, all’avvicinarsi di maggio?

Ammetto che mi spaventa un po’, sono perplesso. Credo che si tornerà ancora più al fusion piuttosto che definire la nostra personalità, la nostra individualità.
Spero di sbagliarmi. Mi piace pensare di non aver bisogno di mischiare a tal punto le carte.

Parliamo di “Spaghetti” il tuo bellissimo libro. Come è nato?

Ho voluto approfondire questo argomento perchè mi sta molto a cuore.
Amo lo spaghetto, significa Italia, ed è un controsenso che non esista una spaghetteria invece che l’ennesimo negozio di hamburger.
E’ un peccato, quindi ho pensato fosse necessario spendere almeno due parole su questo ingrediente meraviglioso e sensuale.

Come mai questo amore così consolidato?

Perchè è poliedrico, si abbina con tutto. Si lascia avvolgere dalla forchetta, come a danzare intorno ad essa. Non viene infilzato, non viene ferito, non viene aggredito. Poi si lascia vestire da qualsiasi condimento.
Immagina la spaghetteria di cui abbiamo parlato prima.
Non sarebbe uno specchietto per turisti, ma una bellissima idea da alta cucina: spaghetti di prima qualità, che ci senti dentro ancora il profumo del grano.
E poi i migliori produttori di olio, burro, formaggio. Ma anche verdure, carne e pesce.
Per regalare finalmente un abito d’haute couture alla modella per eccellenza del Made in Italy.

Crediti fotografici:   Twitter @ChefBiagiola

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