Miss Guilty fa un giro sulle Dolomiti e ci racconta un ipercalorico pranzo da “Il Camoscio”. Fat your weekend e non pensarci.
Di Francesca Romana Gaglione

Quello che state leggendo è il racconto altamente calorico di un piacevolissimo weekend trascorso sulle Dolomiti venete, più precisamente a Santa Giustina, frazione di non troppe anime tra Feltre e Belluno in cui ci ha accolti un ospite davvero speciale, un ospite che ha cominciato a cucinare addirittura un mese prima del nostro arrivo proprio per farci sentire incredibilmente appagati e coccolati. Intenzione che oltre ad esserle perfettamente riuscita, è stata esaltata da un pranzo al ristorante “Al Camoscio” nei pressi di Croce d’Aune in cui abbiamo dato davvero il meglio di noi stessi, riconfermandoci come felici gaudenti, mangioni senza rimorso, e per stare in tema con questa rubrica, assolutamente colpevoli.
Venerdì primo novembre, dopo una ricca colazione a base di bomboloni ripieni di marmellata, Mira, la nostra ospite, ci delizia con un arrosto cotto a puntino nel suo intingolo aromatico, accompagnato da dei meravigliosi porcini saltati in padella con abbondante pepe nero. Vino e chiacchiere han fatto sì che si finisse a pomeriggio inoltrato, e tempo di fare quattro passi a Feltre ed illuderci che si fosse smaltita un po’ l’abbuffata, che ci siam seduti di nuovo a tavola, questa volta per godere di uno spettacolare risotto a base di salsiccia e finferli freschissimi, raccolti qualche ora prima dalla vicina di casa. Io non vi so raccontare quanto fosse buono, ma sono sicura che le immagini che state guardando provocano tanta acquolina in bocca. Tra l’altro a Feltre ho fatto una scoperta sensazionale, quella del Prosecco fermo, un ottimo bianco che in aperitivo va giù che è un piacere e che viene servito a soli 2 euro al bicchiere. Che gusto!

Mattina numero due, colazione leggera in previsione del pranzo in alta quota, scelta molto saggia se si pensa che poi in quattro abbiamo mangiato quanto segue: una porzione di gnocchi di zucca al pomodoro, un piatto di casunzei – ravioli tipici del posto ripieni di rape rosse e conditi con burro e semi di papavero – una porzione di tagliatelle ai funghi ed una di crespelle agli asparagi. Una porzione di costine di maiale brasate, una di trippa, due porzioni di capriolo e polenta e poi i contorni.

Peperonata, fagiolini saltati, erbette, patate fritte e al forno. Mamma mia, direte voi! E invece non è finita qui: come non assaggiare le frittelle di mela, specialità della casa? Belle calde, appena pescate dall’olio e coperte di zucchero a velo… una goduria assoluta!



A quel punto, dopo una grappa con funzione d’idraulico liquido per tutti, siamo andati a vedere il Campon, una piana a 1500 metri d’altezza e montagne tutt’intorno, cui una perfetta combinazione di sole e foschia ha regalato ancor più capacità suggestiva.

Dopo esserci goduti un simile spettacolo, con occhi, cuore (e stomaco) pieni siamo scesi giù a Feltre, mentre un paio d’ore dopo eravamo nuovamente a tavola per un’amatriciana da far resuscitare i morti, anche perché Mira, praticamente romana con una punta di veneto addosso, quando fa’ quella pasta lì te la ricordi per un po’.
Il giorno dopo, domenica 3 novembre, ci siam rimessi in macchina quasi imbarazzati dalla quantità di cibo che eravamo riusciti ad ingerire in 72 ore.. e ci faceva sorridere il fatto avere nel portabagagli una schiscia d’arrivederci con quello che non eravamo riusciti a finire a pranzo – coniglio in umido con contorno di funghi e patate. Ma lo stomaco ormai l’avevamo riempito, non vi pare?!