Schio Design Food ci ha dato l’occasione di incontrare, tra gli altri, Nicola Portinari, chef e proprietario assieme al fratello de La Peca, ristorante bistellato e vera istituzione culinaria del vicentino. Queste sono le domande che gli abbiamo fatto: cucina, territorio e design i temi principali. Intervista di Andrea Toniolo e Marco Dall’Igna
Come già annunciato, nel precedente articolo, siamo stati presenti all’evento Schio Design Food. Questo evento, alla sua prima edizione, è uno spazio all’interno della manifestazione Schio Design Festival. Si è cercato, e a nostro avviso si è pienamente riusciti, di unire il design all’alta cucina, tutto ovviamente in relazione al territorio Vicentino.
Presenti all’evento, tre grandissimi chef stellati e l’istituzione della pasticceria Dario Loison.
Come detto, l’evento è stato, a nostro avviso, riuscitissimo, e ha fatto capire ai più il forte legame tra queste due realtà creative nazionali, e, come ci verrà spiegato in una delle interviste, come in questo momento gli chef si avvalgano dei designer al fine di creare piatti e superfici specifiche, che riescano ad esaltare la propria composizione.
Pubblicheremo un’intervista per volta, in modo da concentrare l’attenzione sul singolo interprete e sulla sua cucina.
Iniziamo con la nostra intervista a Nicola Portinari, chef e assieme al fratello titolare del ristorate due stelle Michelin “La Peca” di Lonigo (VI).
La Peca rappresenta un’istituzione nella ristorazione Vicentina, due stelle Michelin ormai consolidate e riconfermate anche quest anno. La vostra cucina è molto legata al territorio, alla produzione locale, vorremmo capire le motivazioni che vi spingono ad avere questo legame e se a volte possa rappresentare un limite nella composizione creativa del piatto.
Premetto che non disdegno l’uso di prodotti anche non locali, io utilizzo tutti i prodotti, come faccio anche ricette che non sono prettamente tradizionali, però voglio avere una mia identità nel territorio. Non mi interessa un piatto che possa essere fatto a Vicenza, Lonigo nello specifico, che è il mio paese, così come a Roma o a Palermo.
Quello che a me importa, ciò che mi preme, è avere un piatto che sia più vicino alle mie zone, naturalmente alcuni lo saranno di più e altri lo saranno di meno, però quando posso voglio che il mio ospite, il cliente che si siede al mio tavolo, riesca comunque ad avere una possibilità di essere introdotto nell’ambiente, nella nostra zona in particolare.
Lei sta portando avanti un progetto riguardante la cucina naturale e i pregerminati. Può spiegare ai nostri lettori in cosa consiste la cucina naturale e cosa sono i pregerminati?
La cucina naturale non è altro che un ritorno ad un consumo minore di carne animale, a favore di un maggiore utilizzo di verdure, cereali e legumi in particolare.
Questo per il semplice fatto che, legumi e cereali, sono portatori di proteine tanto quanto la carne animale, ma non predispongono alle problematiche di cui la carne è portatrice, quelle stesse problematiche di cui parla spesso il dottor Veronesi in relazione ai tumori. Un utilizzo esagerato di carne porta a problemi a livello intestinale e non solo, quindi credo sia positivo associare alla cucina anche il fatto di cercare di stare un po meglio fisicamente.
Per quel che riguarda i pregerminati, nel momento in cui avviene la maturazione del cereale o del legume, e nel momento del consumo, questo è praticamente morto. Rigerminare vuol dire farlo ripartire per la germinazione,vuol dire riportarlo in vita, con tutte le sue proprietà.
In quel momento, il cereale o il legume, viene essiccato. Una volta che lo si deve consumare verrà reidratato, così sarà ancora nel pieno delle sue attività, manterrà tutte le sue caratteristiche positive, le sue proprietà, e le trasmetterà all’uomo. Per fare un esempio, nel caso dei ceci, che sono portatori di ferro, si potranno utilizzare nel pieno delle loro proprietà, senza abbinarli ad altri prodotti.
Infine le facciamo una domanda inerente alla manifestazione di questa sera, che tratta il rapporto tra cucina e design.Quando si parla di ristorante stellato, l’attenzione ricade inevitabilmente sullo chef, ma sappiamo che, per entrare nella guida, anche gli standard di sala e l’ambiente devono essere altissimi. Quanta importanza date al design dell’ambiente e quanta alla presentazione del piatto, e che ruolo questi due elementi hanno nell’esperienza gustativa secondo lei?
Diciamo che è tutto correlato, nel senso che comunque deve esserci piacevolezza sia visiva che poi, naturalmente, gustativa. Noi, nello specifico, cerchiamo di creare un ambiente, all’interno del nostro locale, che sia “coccolo”, che faccia sentire l’ospite come a casa propria, anche perché siamo un azienda a livello familiare. Il nostro servizio è quindi molto caldo e fa trasparire questo senso di famiglia. Tutto ciò deve poi esserci nei piatti: deve esserci la piacevolezza visiva quando arriva il piatto e poi quella gustativa al momento della consumazione, quindi è una parte molto importante quella della presentazione, dell’estetica, perché un piatto brutto già predispone male alla degustazione. Il piatto deve essere presentato in maniera perfetta. A volte si riescono ad avere, già con la materia prima, dei bei colori e una bella presentazione, a volte invece bisogna riuscire ad andare a lavorare sulla presentazione senza ritoccare, però, il sapore del piatto, quindi senza andare a sconvolgerlo, o andare addirittura a soffocarlo con ingredienti che non c’entrano assolutamente niente.