È realmente diverso mangiare la pizza napoletana lì dove nasce?
Scritto da Dorina Palombi
C’era una volta Le strade della Mozzarella.
Poi il nome è diventato LSDM ma l’obiettivo è rimasto immutato: sviluppare e approfondire la conoscenza dell’enogastronomia campana attraverso incontri in città come Milano, Parigi, Londra, New York e Paestum.
Proprio un bel lavoro quello di Barbara Guerra e Albert Sapere tanto che noi di Honest Cooking siamo affezionati al congresso già da diverso tempo.
Due anni fa abbiamo approfondito il tema “Un viaggio essenziale” e lo scorso anno abbiamo avuto modo di conoscere i punti di vista di chef del calibro di Oriol Castro e Gert DeMangeleer.
Perché più passa il tempo più il convegno si fa internazionale.
Un appuntamento che vale la pena seguire, segnandosi in agenda almeno una delle tappe di approfondimento previste durante l’anno.
A febbraio, al Lentini’s Pizza&Restaurant in Brera, si è aperto il decimo anno della manifestazione con il focus sulla pizza raccontata da esperti quali Gino Sorbillo, Ciro Oliva, Christian Brescia e Francesco Martucci.
4 modi diversi di intendere la pizza, di comunicarla.
Gino Sorbillo, ormai ben conosciuto anche a Milano, si è focalizzato sul concetto di tradizione. Racconta la sua storia, quella della sua famiglia e del collante che unisce generazioni fatto di acqua, farina e pomodoro.
Ascoltarlo significa far volare la mente ai Tribunali, quartiere popolare di Napoli dove c’è una delle sue pizzerie, e immaginarsi a passeggiare con una margherita piegata in quattro (perché così si mangia) senza lasciarle il tempo di raffreddarsi. Perché la pizza in fretta si fa e in fretta si consuma.
Christian Brescia invece si è focalizzato sul lavorare fuori dal territorio d’origine di un prodotto come la pizza.
Lavorare prima a Torino (da cui arriva la sua versione della pizza nel padellino, soffice e ricca di sapori) poi a Milano davanti a un pubblico esigente, lo porta a fare sempre bene, perché l’ingrediente segreto della pizza rimane l’amore e la passione per il proprio lavoro.
L’argomento, con Ciro Oliva prima e con Francesco Martucci dopo, si sposta dal prodotto al territorio. Sì pizza ma come comunicatore di quella che è la terra in cui nasce; una terra a volte ostile come il Rione Sanità in cui la vita va affrontata tutti i giorni e in cui è importante dare fiducia e speranza proprio attraverso il lavoro. Un quartiere che non va abbandonato ma, al contrario, vissuto in prima persona proprio attraverso la voglia di mangiare la pizza lì dove nasce.
“La pizza dà reddito e sta tenendo in piedi tanti presidi Slow food, rende possibile un’altra cosa importantissima e cioè che la terra non venga abbandonata, Vuol dire che ci sta qualcosa di più profondo dietro a quello che sta accadendo”
Francesco Martucci
Così, qualche settimana dopo, eccomi su un treno per Napoli, a controllare se è proprio vero quello che ho sentito quel pomeriggio in una Milano ovattata dalla solita nebbia.
E’ realmente diverso mangiare la pizza napoletana lì dove nasce?
La risposta, nemmeno a dirlo, è sì ed è un regalo che ogni purista della pizza dovrebbe farsi almeno una volta nella vita.
Cambia nel momento in cui scendi dal treno e Napoli ti avvolge con il suo clima mite e la cadenza inconfondibile.
Cambia nel caos di macchine e motorini; in quel vociare da un balcone all’altro e in quei sentimenti sempre troppo ricchi di passione.
Cambia perché Napoli è generosa in tutto: nell’arredamento delle trattorie, nel gesticolare che non ha bisogno di traduzione, nei caffè sospesi che si possono trovare un po’ ovunque, nella bellezza che ti appare quando meno te lo aspetti.
La pizza allora è la trasposizione di quell’anima popolare che ha il capoluogo campano.
Popolare quando gli ingredienti e la preparazione non hanno segreti ma un codice ben definito.
Quando nasce come cibo da strada, opulento nel pomodoro che straborda da un lembo e che va leccato senza troppo pudore, davanti a tutti, per evitare macchie, come un bacio rubato in una strada ingombra di passanti.
Quando il profumo del forno si mischia a quello della vita che fuoriesce dai quartieri spagnoli: ed è odore di cucina, di storie, ma anche di bucato e di buono.
Ma c’è anche la versione superba ed altezzosa di una Napoli che scorre parallela nelle vie dello shopping e nelle strade che portano verso Pozzuoli.
Quell’eleganza che la pizza ha acquisito nella ricerca ossessionata della perfezione, della formazione, della materia prima rigorosa.
E allora la pizzeria diventa ristorante, e la pizza viene tagliata con forchetta e coltello, senza ingozzarsi e soffocando il piacere per un luogo e un tempo differente.
Allora regalatevi una giornata che rimarrà di certo nella vostra memoria; una giornata fatta di un caffè di troppo, di schiamazzi e profumi che si confonderanno con il vostro, di pizzerie in cui dover attendere il turno senza poter prenotare.
Dimenticate agende, tempistiche, ritardi.
Godetevi sapori eccessivi, vini pastosi o minerali, pizze con il soffritto o scelte d’élite.
Mangiate con le mani o optate per uno champagne pregiato.
Abbandonatevi alla Napolitudine, al piacere di una vita più lenta.
Tanto Milano sarà nuovamente lì, con il cartellino da timbrare.
Ma voi, se sarete fortunati, tornerete a casa diversi.