Una cioccolata in tazza con Virginia Woolf o del cassoulet con Colette? Torna Antonella con Readings for Foodies, la vostra rubrica preferita sul mondo delle pubblicazioni food.
Di Antonella Gigante
Eh sì, non ci sono più i week end di una volta. Dagli ultimi giorni di agosto fino a ottobre inoltrato, prima ancora che tu possa anche solo pensare di rallentare un attimo e spaparanzarti sul divano per due giorni interi.. ecco che salta fuori un Festival. Cambio valigia e si riparte. Altro giro, altra corsa. Festivaletteratura a Mantova, Festivalfilosofia a Modena, Festival di Internazionale a Ferrara, solo per citare i maggiori.
Uno dei momenti più belli dei Festival è, indiscutibilmente, la sera a ristorante. Quando, dopo una giornata di scarpinate su e giù per la città, di reading e interviste e ressa per i biglietti e sgomitate per il firmacopie, finalmente, ti abbandoni sfatto sulla sedia e ti lasci sedurre dalle premure dell’oste che si affretta a portarti il suo vino migliore e il piatto tipico che proprio non puoi non aver ancora assaggiato.
E, tra un tortello di zucca e una sbrisolòna, capita spesso che al tuo tavolo (come mi era successo lo scorso anno con Aime Bender) o al tavolo accanto ci sia proprio uno dei tuoi scrittori preferiti! E lì scattano collo da giraffa, curiosità assassina e bisbiglii.. oddio, ma hai visto chi c’è??? Cos’ha ordinato? E che sta mangiando adesso? Mhh, voglio anch’io quel dolce lì!
Ma cosa accadrebbe se seduta accanto a voi, tutta intenta a sbocconcellare scones e cioccolata calda, potesse esserci Virginia Woolf? Se l’inconfondibile profumo di cassoulet venisse dal tavolo di Colette? E se aveste appena ascoltato Elsa Morante ordinare un gelato al mandarino per dessert? Non sarebbe meraviglioso sedere al loro stesso tavolo? Seguitemi, stiamo per andare a cena da una di loro.
Ci sono tanti libri che indagano il legame tra autori e cibo, scavando nelle opere letterarie alla ricerca di piatti, spunti, dettagli culinari. Ma ce n’è uno – non nuovissimo, ma che mi sento davvero di consigliarvi – che fa molto di più: LA SCRITTRICE CUCINAVA QUI. Gusti ricordi e ricette di 10 grandi autrici. Stefania Aphel Barzini ha intrapreso il viaggio per cui vorrebbe partire chiunque, come noi, ami cucina e libri: si è infilata – metaforicamente e non – nelle cucine di dieci delle più famose signore della Letteratura – Virginia Woolf, Simone De Beauvoir, Elsa Morante, Karen Blixen, Agatha Christie, Grazia Deledda, Harriet Beecher Stowe, Gertrude Stein, Pamela L. Travers (ovvero, colei che ha regalato al mondo – e a me! – la mitica Mary Poppins!) e Colette – raccontandoci non solo i piatti “di carta”, che ritroviamo tra le pagine dei romanzi, ma quelli veri, i sapori che ciascuna di loro amava o odiava, le passioni culinarie e, più in generale, il rapporto con la cucina, il cibo, la vita.
Così scopriamo che, se la Signora Ramsay “sentiva di esser parte dell’eternità […] mentre con cura serviva a Banks un pezzo di carne particolarmente tenero”, Virginia Woolf provava lo stesso sentimento stringendo tra le mani una tazza di cioccolata calda. Densa, corposa, in cui intingere biscotti al burro, la cioccolata è per Virginia un rito quotidiano, una cerimonia da ripetersi ogni sera, prima di andare a dormire, “un sortilegio che regala protezione contro gli uragani che squassano il mondo, un argine al disordine dell’esistenza”. E saranno delle tavolette di cioccolata, comparse all’improvviso nella vetrina di un negozio di delicatessen, a Londra, a dire a Virginia che la guerra è davvero finita: entrerà rapita dalla vista di tanta abbondanza, ne comprerà sei e, una volta a casa, in silenzio religioso, lei e suo marito Leonard le divoreranno tutte, muti.
Oltre alla cioccolata, Virginia adora le mele: da mangiare a morsi staccandole dal ramo durante una passeggiata nelle meravigliose orchard, da trasformare in splendide marmellate e pies, da regalare in cesti alle amiche come dono prezioso.
E poi, sopra ogni cosa, adora fare il pane. Con sua sorella Vanessa, presto contagiata dalla stessa passione, intraprende un fitto scambio di ricette, pagnotte e lettere: “Ho fatto il pane da vera esperta – le scrive – […] Quello del fornaio è insipido e secco […] Ti mando una pagnotta e dei dolci fatti da me”.
Certo, non si può dire che Virginia avesse un rapporto semplice con il cibo (odia ingrassare e sentirsi grassa, eppure sa che ogni volta è proprio il cibo a salvarle la vita: “Trovo che se non peso 60kg, sento le voci e ho le visioni, e non riesco a scrivere”) o che avesse sempre amato cucinare: prima che la guerra la costringesse ad avvicinarsi ai fornelli, se ne era tenuta ben lontana, confinando nelle cucine di casa notoriamente inospitali e maleodoranti, una pletora di cuoche che, puntualmente, a pochi mesi dall’assunzione, se la davano a gambe levate, quando non venivano messe in fuga dai capricci della padrona.
Procedendo nella lettura, scopriamo la passione di Elsa Morante per “le tre M: mare, Mozart e gelati al mandarino“; la guardiamo entrare nelle trattorie di pesce stringendo sottobraccio Alberto Moravia ed uscirne con pacchetti di carta stagnola per i mille gatti che li aspettano a casa; la seguiamo tra le pagine di Menzogna e sortilegio o de La Storia mentre partecipa alla fame dei suoi personaggi; ci sediamo con lei alle tavole delle trattorie romane dove “si mangia bene e si spende poco”, mentre di volta in volta pranza con Natalia Ginzburg, Pasolini, Bertolucci o Sandro Penna.
Andiamo in Africa da Karen Blixen, la seguiamo nella famosa cena con Arthur Miller e Marilyn Monroe – quando la diva racconta di aver provato ad accelerare la ricetta preferita di Arthur.. asciugando la pasta con il phon! – fino ad accompagnarla, attraverso prolungati digiuni e sofferenze, alla morte per anoressia (proprio lei, l’autrice de Il pranzo di Babette).
Andremo a Parigi da Simone de Beauvoir e nei bistrot di Saint-Germain-des-Prés e da Colette, la più goduriosa delle scrittrici esaminate, mentre scrive di Claudine, beve “vino mullet alle 5 del pomeriggio” e mangia galettes au beurre, salsicce all’aglio, prosciutti, uova e la tarte au citrouilles et amandes.
Stefania Aphel Barzini ci fa, insomma, entrare nelle case di queste grandi scrittrici, ci fa sbirciare tra le cucine e gli ingredienti, e persino sederci a tavola con loro, permettendoci di replicare le loro ricette preferite seguendo le indicazioni del piccolo ricettario che chiude il libro.
Allora, avete scelto da chi andare a cena stasera? Da Colette per il suo famoso cassoulet o da Simone de Beauvoir per una fetta del suo Clafoutis di ciliegie? Dalla mamma di Mary Poppins per il suo gratin di spinaci e patate “con un poco di zucchero” o da Agatha Christie per un’omelette… buona da morire?
Stefania Aphel Barzini, La scrittrice cucinava qui. Gusti, ricordi e ricette di 10 grandi autrici, GRIBAUDO