Francesca ci parla della Salsamenteria di Parma, a Milano. E noi la inseriamo nei nostri Honest Places.
Di Francesca Vittorelli

Sì, è proprio di fronte a S. Maria del Carmine, in via Ponte Vetero. E no, non si nota.
Ho preteso dettagliate indicazioni e una rassegna di tutte le attività commerciali della via per convincermi che esistesse. Eh, per forza: è un tragitto che percorro piuttosto di frequente, non potevo credere di essere COSI’ ATTENTA da non essermi mai accorta che ci fosse un delizioso angolo di Emilia nella zona più milanese della Lombardia.
Era stata mia sorella ad incuriosirmi, con il suo entusiastico resoconto di una serata trascorsa in compagnia dei sapori emiliani e della pregevole musica di Verdi.
L’ho riconosciuta dai prosciutti, sono dappertutto. Le zampe di maiale la fanno da protagonista, accompagnate da intere e gioconde forme di Parmigiano. Sulla soglia, insieme a un marcantonio dallo sguardo allegro, ti accoglie il profumo della loro stagionatura. E poi bastano tre passi per dimenticarsi di essere a Milano.
L’immagine che me ne rimane è quella di un contesto unico e pregnante, quasi un universo parallelo, completamente svincolato dal mondo esterno, dal quale si viene catturati senza che ce ne si renda conto, complici profumi, luci e suoni.

Il tutto è formato dall’insieme delle parti: ogni elemento partecipa alla stessa recita. Dai tavoli, di quelli grezzi che quasi quasi ti restano le schegge nelle braccia, alle tovagliette, rigorosamente in carta ultraspessa. E poi ci sono i bicchieri, fedelissimi allo stile parmense. Sono stati loro a illuminarmi sull‘etimologia del verbo “tazzare”… vien subito voglia di testarla, questa tazza. O meglio testare te stesso! Riguardo alla scelta del vino devo ammettere un iniziale scetticismo. Premettendo che io amo il vino immobile, neanche fermo, ero piuttosto restia a farmi convincere dal marcantonio che valesse la pena ordinare un Lambrusco frizzante. Ma lui, più testardo di me, me ne fa assaggiare un bicchiere, convinto che non saprò resistergli. Furbacchione. Una bottiglia, per favore. Lambrusco Marcello. Scoprirò solo alla fine della cena si trattasse di un vino premiato con un primo posto a una fiera di Londra dell’anno precedente.
Ed è sorseggiando il frizzantino, per niente leggero (non fatevi ingannare dalle finte vesti da vino novello), che ci si dedica alla rassegna dei piatti. La lista, con la sua diretta semplicità, incarna il concetto di onestà culinaria: la ricchezza delle portate è inversamente proporzionale alla lunghezza del menù (e del nome del piatto); una di quelle cose che non dispiacciono mai. Soprattutto se sai che “comunque vada, sarà un successo”. Come tavoli, tovaglie e bicchieri, anche i piatti di portata sono attori impeccabili, e non possono che valorizzare ulteriormente la qualità dei cibi. L’antipasto a base di salumi, un assortimento che farebbe invidia al maiale stesso, è servito su un enorme vassoio di cartone; un assortimento di prosciutto crudo e cotto, mortadella, culatello, pancetta, salame e cicciolata, che farà la gioia prima dei vostri occhi poi dei vostri palati. I primi, che spaziano dalla zuppa di farro agli gnocchi al ragù di culatello, sono invece serviti in rustiche terrine di gres; renderanno omaggio alla pienezza dei sapori e delle essenze tipici emiliani. I dolci si bastano a far perdonare il semplice piattino di ceramica bianca; è obbligatorio assaggiare la strepitosa torta sbrisolona con salsa allo zabaione e gelato alla panna.
Sarà la classica cena che ci si rammaricherà di aver finito. Forse per una volta è l’unico difetto che riesco a trovare.
Non avrei mai pensato che cenare alla Salsamenteria di Parma potesse essere così istruttivo. Ho imparato un sacco di cose: che una tazza può far da bicchiere, che con il culatello si può fare il ragù e che con le bollicine si può fare un ottimo vino rosso.
Salsamenteria di Parma
Via Ponte Vetero 11
20121 Milano