Cheese a Bra è stato un evento molto interessante. Con un po’ di ritardo ne parliamo anche noi!
Di Martina Mattioli
C’è chi si incanta davanti a una vetrina di gioielli, chi spende l’intero stipendio in scarpe e vestiti, e chi come me ha gli occhi che brillano quando si trova davanti ai formaggi.
E un’incredibile selezione di questo oro bianco era quella presente a Bra gli scorsi 20-23 settembre in occasione di Cheese, evento biennale organizzato da Slow Food.
Quattro le zone principali dislocate in città: Piazza XX Settembre e Corso Garibaldi, dove si trovavano la Gran Sala dei Formaggi e l’Enoteca di Slow Food, insieme alle cucine di strada e ai birrifici. Ma Bra non è solo formaggi ed è famosa anche per la sua salsiccia, che ho potuto provare nel Mac’D Bra, insieme al pane e al formaggio autoctoni, proposti da uno dei tanti chioschi degustazione che si trovavano, insieme alla Piazza della Pizza, nel Cortile Scuole Maschili.
Scendendo verso la stazione sono arrivata in Piazza Roma, che ha ospitato il Mercato Internazionale e la Via degli Affinatori, dove tutta la mia attenzione è stata rivolta alle Asturie e alla Mancha, come segno del mio viscerale amore per la terra spagnola: dall’Artequeso Manchego Artesano, con i suoi formaggi di pecora in differenti stagionature e affinamenti, sono arrivata ai prodotti artigianali a base di latte di capra della Guadarrama (specie endemica degli altopiani iberici centrali), come la Cibezuela, che unisce il latte alla birra, la Bomba o la Cabra de Botas, un formaggio bianco dalla cagliata lattica delicatamente acidula.
Nella vicina Piazza Carlo Alberto era invece di scena il Mercato Italiano, e qui è davvero un compito arduo fare una cernita delle aziende degne di merito: il livello era molto alto e in ogni corridoio era facile imbattersi in qualcosa di interessante, come l’eccezionale mozzarella di bufala del Caseificio Moris di Cuneo…
…Sì, avete capito bene, 800 esemplari di bufale di razza mediterranea italiana allevati nella piena langa piemontese.
Ancora posso menzionare la saporita Pastura di pelo di vacca della lucana Latteria Salvia Maria, le robiole di Paolo Satta (Azienda Aristeo), i formaggi e lo yogurt de La Sabaco d’Oc, per finire con il Caseificio Val d’Aveto e la sua prescinsöa, una cagliata di latte intero usata nella famosa focaccia di Recco.
L’ultima delle tre aree, Via Marconi, ospitava il fulcro forse di tutta la manifestazione, i Presidi Slow Food, esempi di un patrimonio culturale unico: si andava dal rumeno Branza de burduf dei monti Bucegi, dal forte profumo di corteccia d’abete, al “classico” Cheddar artigianale del Somerset, prodotto a latte crudo e lavorato a mano, passando per la novità dell’edizione 2013: il latte di cammello etiope dei pastori karrayu. Sempre dall’Africa, ma stavolta dal Kenya, proveniva lo yogurt dei Pokot, prodotto con latte caprino e vaccino di razze locali incrociate con zebrù, unito a della cenere prodotta dalla combustione del cromwo, un albero sacro con proprietà medicamentose.
Senza niente togliere a queste eccellenze estere, qui il mio cuore è stato tutto proteso verso l’Italia. Se mi concedete di stilare un podio, questa sarebbe la mia “umile” classifica:
1° posto: Formadi Frant, frutto di una cultura friulana saggia e senza sprechi, che recupera formaggi difettosi non adatti alla stagionatura, dando origine a questa nuova sapida bontà.
2° posto: Montebore; l’antica torre cittadina dell’omonimo paese del tortonese è stata di spunto per la sua tipica forma a torta nuziale, data dalla sovrapposizione di 3 robiole di latte misto vaccino-ovino.
3° posto: Pallone di Gravina; una scoperta per me e senza alcun dubbio il più buon formaggio a pasta filata assaggiato in questa edizione di Cheese.
Una menzione particolare al burro d’alpeggio a latte crudo dell’alto Evo…bambini, se le mamme vi dicono che il burro fa male, non credete loro a occhi chiusi…anzi, chiudeteli sì, e con un solo boccone arriverete a toccare il cielo!!