Sorseggiando la Midas Touch

Dall’antico Egitto passando per gli Stati Uniti,  una birra di ispirazione archeologica arriva a Roma.
Di Rossella Di Bidino

Un sorso dei desideri…in più.
Non si trova ovunque, non esiste nel negozio sotto casa. Difficile da reperire anche nella Roma a cui tutte le strade portano.
Oggi si scrive di un assaggio proibitivo, per il momento, anche in termini di prezzo.
Perché mai ho pagato una birretta da 33 cl ben 10 euro?

Un sorso dei desideri…in più, ma non di troppo.
Si dice venga da una ricetta egiziana che risale a ben 2700 anni fa.
Che storia la birra! La birra è cibo ed esiste secondo le più recenti datazioni da 10.000 anni. La più antica ricetta a disposizione è dei sumeri. Nel 4000 aC in Egitto si venerava Ninkasi, dea della birra, ed i 12 guardiani dell’altare di Osiride bevevano la “birra della verità”. Sedimenti di birra sono stati trovati ad inizio del XX secolo negli scavi condotti ad Abadiyeh.
Per caso o volontà della vita questa ricetta è stata ripresa in mano negli States. Opera di Dogfish.

Ingredienti curiosi: miele, uva moscato, zafferano. Eppure è una birra, almeno nel nome.
La fantasia dei faraoni (o di chi per loro) era notevole in fatto di ingredienti. Dal miele ai datteri, si usava quasi di tutto. Anzi, sembra che un certo tipo di birra nascesse da un impasto di farina. Veniva cotto per metà del tempo necessario per fare il pane e poi veniva intriso con un liquore a base di datteri. La fase successiva era la fermentazione, che all’epoca era una sorta di libera contaminazione. Anche se il processo di produzione delle birre in Egitto è ancora oggetto di studio. Grazie al fatto che anche la birra finisse nel corredo funebre, gli archeologi stanno scandagliandone i resti sopravvissuti grazie al clima arido dell’area.

Un sorso dei desideri…in più e di più.
Non è birra, non è vino, non è sidro.
Lo si capisce appena la si versa. Non fa la schiuma, posso versarla male ma niente schiuma. Eppure già i greci invidiavano quella bevanda schiumosa di cui si deliziavano gli egizi. Allora si chiamava o hekt o se era fatta d’orzo zythos.
Qualche bollicina in superficie si intravede, ma nulla a che vedere con la schiuma.
Il naso lo avvicino, coglie molto di diverso.
La guardo. Un colore veramente ambrato. Ed i testi storici confermano che anche il faraone si trovava di fronte a birre col colore dell’oro.
L’assaggio.

Dolce ma non solo.Si fa presto a dire che ricorda un vino liquoroso.
Al secondo sorso colgo meglio la parte meno dolce.
La mia compagna di assaggi archeologici suggerisce abbinamenti con piatti a base di curry. Mentre io pensavo ad un dolce di carattere come le Fruitcake inglesi del Natale. Così forte il ricordo della fruitcake con albicocche e mandorle . La Midas mi ha subito ricordato questo dolce. Ricchezza di sapori, il modo fluente di scendere in gola grazie al miele, l’eleganza delle uve moscato.

Un gran peccato è non poterla portare a casa. Consumo in loco presso Eataly. Se a casa vuoi portarla presentati munito un tappo, perché vige l’obbligo di stappamento al bancone della Birreria.
Eppure con gli egizi la birra raggiunge una diffusione incredibile, certo non relegabile ad Eataly. Il faraone Ramses II si faceva produrre fino a 30.000 barili di birra all’anno. Chi lavorò alla costruzione delle piramidi veniva pagato a suon di birra. La birra scura, la birra dell’amico, la birra del protettore: già esisteva una grande fantasia nei nomi.

Una birra rara per noi comuni italiani. Stanno finendo anche le scorte per noi romani.
Prezzo da considerare. Emozione da dosare con i suoi 9°.
Decisamente da fare questo assaggio data anche la proliferazione di birre di ispirazione egizia. Vuoi per la ricerca scientifica o vuoi per esigenze di marketing il faraoni e le loro birre stanno facendo capolino. Il primo tentativo sembra essere stato intrapreso negli anni ’90 dal The Egypt Exploration Society, che si mise d’accordo con dei mastri birrai inglesi per fare la King Tut’s Brew. E la Denver’s Wynkoop Brewing Company produce la Tut’s Royal Gold.

Chissà però se Mida bevava la nostra Mida Touch. Forse no, l’abbiamo finita tutta noi 🙂
Dopotutto come dice l’iscrizione del 2200 a.C.: “La bocca dell’uomo felice è piena di birra”.

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