Sparkling Notebook torna dopo le vacanze con la prima puntata del suo pellegrinaggio nelle terre dello Champagne. Buona bevuta, amici di Honest Cooking!
Di Ivan De Chiara

Questa foto parla da sola. Le due viti fotografate nella cantina di Laval spiegano il diverso comportamento delle radici. Quella di destra è una vite coltivata in regime biologico e ha la forza necessaria per scavare la roccia ed andare sempre più in profondità.
Mi avevano detto che non era semplice trovare il rifugio di Laval, ma io mi ero informato bene. “Arrivi a Cumiéres, cerchi la strada stretta dove passa a malapena una macchina, vedi il portone verde dove c’è scritto in straminuscolo sul citofono Vincent Laval e ci sei”. Ok ma il portone non è più verde..è Giallo! Comunque ce l’ho fatta. Appena entrato sono stato investito dalla simpatia di Vincent. Molto alto e sempre sorridente, mi ha dato più l’idea di un cow boy spavaldo, con la champagnotta al posto della pistola che un ingegnere del bio. Dopo avermi raccontato la sua storia che parla di una conversione al biologico nel 1971 (fatta dal padre), di barrique usate, di dosaggi bassi, poca solforosa e 12.000 bottiglie l’anno siamo passati all’assaggio. Vincent ha voluto farci provare la Cumieres Brut e la Cumieres Brut Nature ed è nato un discorso molto interessante sul “non dosato” che per lui ha senso solo in annate molto buone. La personalità dei suoi champagne è notevole e le differenze tra le due bottiglie erano nette. Il non dosato, figlio di un’annata più generosa (2009) era ancora giovane, balsamico, ultrafresco e debordava mineralità ad ogni olfazione. Il Brut (5 grammi) invece è quasi un millesimato del 2008, un’annata più altalenante, ma compensava la minor acidità con delle pennellate boisè che erano un veramente un godere. Sono Champagne molto ricchi e generosi che insieme ai profumi portano a giro per il mondo un po’ del sorriso di un produttore tanto eccezionale quanto disponibile.