Street food d’autore

Street food: cibo che troviamo non solo a tutte le latitudini ma anche un tutte le epoche storiche.
Di Giorgia Fieni

Nel ricordo di ognuno di noi c’è un panino, o più di uno. Una memoria fortissima di merende che ci riportano ai tempi spensierati della nostra esistenza, della scuola e dei giardinetti…ovvero di quei luoghi che sono collegati alla libertà e all’avere tutte le vie aperte davanti a noi.

Nel caso del panino infatti la strada ha sia il valore simbolico appena accennato che quello d’essere appunto uno street food, ovvero cibo che troviamo non solo a tutte le latitudini ma anche un tutte le epoche storiche.

Basti pensare all’antica Roma, quando mangiare pane bianco significava essere cittadini rispettabili, degni di abitare in un luogo in cui una via si chiamava Panisperna (panis ac perna = pane al mosto e prosciutto cotto nell’acqua di fichi secchi). O a Leonardo da Vinci, che nel Codex Romanoff si chiedeva: Pensavo di prendere una fetta di pane e metterla fra due pezzi di carne: ma come posso chiamare questo piatto? E la risposta arriva negli anni Trenta con la cucina futurista, che adora i bocconi simultanei e cangianti e che loro attribuisce un nomignolo dato da Gabriele D’Annunzio: traidue.

Il nome panino però è più semplice: credo sia sopravvissuto nei secoli proprio perché “dice tutto e non dice niente”…dà la certezza dell’ingrediente principale e usa un nomignolo per indicare che è solo una parte del tutto, e invece l’essenziale è invisibile agli occhi (come scriveva Antoine de Saint Exupery ne Il piccolo principe).

Però in molti si sono impegnati a elevarlo da street food a cibo d’autore, impiegando ingredienti di alta qualità e mettendoci la propria firma, così da aumentarne la dignità, la fama e il prezzo. Scott McDonald usa carne wagyu (di mucche giapponesi più pregiate del caviale), foie gras e tartufo nero per un impasto che fermenta 24 ore. Antonello Colonna riempie la rosetta con pancetta di Zibello, uova strapazzate, olio ed erba cipollina. Tonino Napoli usa salame Cremona, pomodoro di Belmonte, fichi e cipolle di Tropea. Gianfranco Vissani sceglie un “umile” pane nero, lo spalma con pera emulsionata all’extravergine e aggiunge tanta “mortazza” e indivia belga o misticanza. Gualtiero Marchesi lo chiama Grattacielo e usa arrosto di manzo, prosciutto cotto, maionese, lattuga e soncino conditi con olio, limone, sale e maggiorana. Massimo Bottura serve il “ricordo di panino alla mortadella”, col salume passato al distillatore, frullato con altra mortadella e trattato al sifone per ottenere una spuma e servito in un gnocco croccante preparato con farina di ciccioli. Ciccio Sultano lo chiama Superpanino perché contiene tutto quello che mi piace di più: pane siciliano, sgombro sott’olio, formaggio ragusano, cipolla cruda, olive nere, pomodoro, olio extravergine, succo di limone, peperoncino. Il “re del cioccolato” Ernst Knam tosta il pan brioche, lo spalma di burro (montato con gocce di caffè) e lo farcisce con salmone (marinato 24ore con grani di caffè frammentati, buccia d’arancia, grue di cacao, grani di cardamomo verde) e gelatina di succo di mirtillo. Simone Rugiati afferma spesso che il panino è come un raviolo: ci si può sbizzarrire con gli ingredienti e può trasformarsi da piatto povero ad uno di alta cucina.

E non ci potrebbe essere suggerimento più valido per chi vuole prepararsi un panino in cucina, con gli ingredienti che ha a disposizione. Bisogna però ricordare tre semplici consigli, perché sia un piacere anche per il corpo e non solo per il palato: bilanciare verdure e proteine, masticarlo lentamente e farlo seguire da un’abbondante porzione di frutta. Ma oggi vorrei darvi qualche suggerimento insolito. Michetta con agretti sbollentati, bacon, carpaccio scotatto e grana. Ciabatta spalmata di salsa rosa e farcita con prosciutto di Praga, rondelle di uovo sodo, fette di pomodoro e fontina. Baguette spalmata di maionese speziata e farcita con rucola, sottaceti e sogliola (passata in latte e pangrattato e rosolata in olio). Pane con tartare di manzo alla menta, sale di Maldon e zucchine croccanti. Panini a lievitazione naturale con champignon, pesto e formaggio di capra. Ciabatta, pesto di carciofi e noci, parmigiano, tacchino arrosto e asiago. Pane toscano, sgombri freschi, senape, succo di limone. Filone spalmato di panna da cucina e riempito di frijoles refritos, arrosto di maiale, fette di pomodoro, chili jalapeno fresco, queso chihuahua, coriandolo (se volete gustarlo al meglio, fatevelo servire in Messico con una birra chiara leggermente amarognola). Pancarré, carne di cavallo cruda tritata, verdure fresche, maionese. Ciabatta, puntarelle, alici, pecorino romano morbido e glassa di aceto balsamico. Pane, ricotta di pecora, lardo di Colonnata, pomodorini secchi e pepe macinato fresco. Panino con roastbeef e lattuga o con peperone, camembert e pomodori. E, infine, panino al contrario: fette di mozzarella che ospitano un ripieno di pangrattato (frullato con capperi, olive, basilico), pomodorini e cetriolo.

Se volete andare sul classico, potete provare a ripetere quelli dell’autogrill (il Camogli con cotto ed emmental, per esempio, o il Fattoria, con pane di Altamura, speck e formaggio francese, o l’Apollo, con la cotoletta). Se invece non potete rinunciare al dolce, provate panini al latticello con fragole (schiacciate con lo zucchero) e panna montata.

Insomma, abbiamo di che sbizzarrirci. Perché in fondo dentro ognuno di noi c’è un Poldo…si, proprio lui, l’amico di Braccio di ferro che di panini non si saziava mai…e pure un Pinocchio, che festeggia il compleanno dalla Fata Turchina con quattrocento panini imburrati di sotto e di sopra.

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