Tips from Barcelona – Restaurant 7 Portes

Torna Tips from Barcelona: questa volta Laura ci porta al Restaurant 7 Portes, un ristorante che ha più di cent’anni.
Di Laura Torre

Sette porte. Tutte in legno, tutte per entrare nello stesso luogo, tutte per scoprire uno degli angoli culinari più antichi, nonché più buoni, di Barcellona. Stiamo parlando del Restaurant 7 Portes, locale barcellonese parte della storia della città da più di 100 anni.

A due passi dal mare, sotto i portici di un elegante palazzo che dà sia sul Passeig d’Isabel II che su Plaça de Pau Vila, il 7 Portes nasce nella prima metà del XIX secolo, come un caffè di lusso, per mano di Josep Xifré i Cases, ricco uomo d’affari catalano che fece costruire l’intero edificio sulla scia dell’architettura parigina. Il caffè aveva 7 porte per il pubblico, più una di servizio.
Nel 1836, Josep Cuyàs inaugurò il locale con il nome Cafè de les 7 Portes, ma in seguito – dalla Prima Guerra Mondiale fino alla Esposizione Internazionale del 1929 -, passando sotto un nuovo proprietario, Bertomeu Grau, il locale si riempì anche di biliardi, tavoli per giocare a carte e, in seguito, si trasformò in un cafè-cantante notturno.

È solo però a partire dallo stesso 1929 che il locale diventa propriamente un ristorante – appunto con il nome Restaurant 7 Portes – , per mano dei coniugi Morera. Trasformandosi in un punto gastronomico di riferimento per scrittori, politici, artisti, giornalisti. Ed è poi sotto la successiva gestione di Paco Parellada – uno dei grandi personaggi della ristorazione dell’epoca – che il ristorante dà vita ai suoi grandes platos (grandi piatti) e consolida le sue specialità, ancora oggi nel suo menu.

Ma la storia, al 7 Portes, si respira anche grazie alle piccole targhe – presenti in alcuni dei posti a sedere – che portano inciso il nome dei personaggi illustri che sono passati, magari anche più di una volta, in questo locale: da Ava Gardner a Che Guevara, da Federico García Lorca a Gabriel García Marquez, da Joan Miró a Maria Callas.
E ancora, da Orson Welles a Pablo Ruíz Picasso, da Pedro Almodóvar a Pelé, da Rafael Alberti a Salvador Dalí. Passando anche per lo scrittore Max Aub, che nonostante non figuri nell’elenco di questi grandi personaggi, parla del ristorante in una delle sue opere più importanti, La gallina ciega: “Las siete puertas. Conservan el restaurante tal como fue para la clientela «nacional y extranjera». Volviendo muy atrás pido pà amb tomaca y bacallà esqueixat, con lo que se provoca un conflicto. Viene la dueña a echar un ojo al resucitado. Hacemos como que nos reconocemos. Lo que sí vuelvo a encontrar es el plato famoso que hace hoy mis delicias como en 1930. Pero lo han tenido que hacer: no está en la carta”.

Distribuito tra diverse sale – tra saloni del ristorante vero e proprio e sale private a parte -, il 7 Portes si presenta già dall’esterno in tutta la sua eleganza, con i propri esterni in legno, il suo piccolo dehors sotto una parte dei portici, le antiche insegne che campeggiano al suo ingresso. Poi, una volta entrati, il ristorante mostra la sua bellezza, con sale che si aprono sia a destra che a sinistra: tra eleganti tavolini, sedie e panche in legno, mattonelle che adornano gli ambienti, grandi specchi alle pareti, soffitti a cassettoni. E grandi lampadari di stoffa arancione, che riscaldano l’ambiente con la loro luce e con il loro colore.

Noi – la sottoscritta, il solito fidato accompagnatore e due amici – ci siamo recati al 7 Portes in una tiepida domenica dicembrina, a pochi giorni dal Natale. E abbiamo pranzato nel Salón Barceloneta, entrando subito sulla sinistra.
Fatti accomodare da uno degli eleganti camerieri, iniziamo a sfogliare curiosi il menu e, nell’attesa delle nostre ordinazioni, ci vengono portate – in perfetto spirito spagnolo – alcune olive per spizzicare un po’.

Scelti ed ordinati i piatti, iniziamo ufficialmente il pranzo, chiedendo, tre di noi, un classico catalano e, il quarto, un piatto invece specialità della casa. Nel primo caso, abbiamo optato per il pan con tomate – pane letteralmente imbevuto nel pomodoro e nell’olio, qui servito croccante -, un piatto semplice, ma non così facile da trovare ottimo ovunque. E che al 7 Portes si è rivelato semplicemente buonissimo, sia per il pane che per la qualità del pomodoro e dell’olio.

Nel secondo caso, invece, il piatto in questione era una Sopa de rape 7 Portes, una zuppa – parte del menu del ristorante dal 1931 – a base di rana pescatrice, che a detta di chi l’ha scelta e gustata, è risultata delicata, ma allo stesso tempo corposa e saporita. Il tutto, accompagnato da crostini di pane e salsa alioli (salsa a base di olio d’oliva e aglio).

Per continuare, abbiamo poi tutti scelto piatti tipici della tradizione culinaria catalana: i canelones e una paella parellada per due. I primi altro non sono che la versione spagnola dei cannelloni, giunta in Catalogna nel XIX secolo, quando alcuni cuochi italiani arrivarono a Barcellona e furono assunti al servizio delle famiglie della borghesia catalana. Trasformandosi, col tempo, in un piatto tipico catalano, in special modo del periodo natalizio.
Noi – la sottoscritta e il solito fidato accompagnatore – li abbiamo rispettivamente scelti nella versione 7 Portes e in quella Trío de canelones vegetales (tris di cannelloni vegetali): la prima, con il ripieno di carne e besciamella, la seconda con ovviamente besciamella e tre tipi di verdure differenti. E in entrambi i casi, a detta di entrambi, si sono rivelati due piatti semplicemente deliziosi: la pasta era morbida e ben cotta, la carne gustosa, le verdure erano fresche, saporite e di ottima qualità. E la besciamella, a coronare il tutto, si scioglieva letteralmente in bocca.

La paella parellada – il cui nome ufficiale è in realtà arroz parellada – si presentava invece in una grande padella nera, con due manici, tipica per questa pietanza. E tipicamente mista: questa versione infatti – catalana, che prende il nome dal suo inventore Juli Maria Parellada e che venne ideata proprio a Barcellona, alla fine del XIX secolo – è preparata sia con carne che con pesce, con la caratteristica che la prima è sempre senza ossa e che il secondo è altrettanto servito pulito. Il tutto, in una grande quantità di riso.
Tra salsiccia, gamberi, gamberoni, molluschi, questa paella ha letteralmente stregato i nostri commensali: per la qualità dei vari ingredienti, per l’ottimo sapore sia della carne che del pesce, per la cottura omogenea, per la bontà del riso – ben cotto, ma non in modo eccessivo -, per la semplice eleganza del piatto. E, ovviamente non da ultimo, per la freschezza di tutti gli ingredienti.

Data l’aria frizzantina della giornata, non abbiamo resistito a regalarci, come conclusione, anche un postre (dolce) ciascuno. Restando in tema festivo, uno di noi quattro ha optato per un piccolo piatto misto di torroni – alla crema d’uovo, al cioccolato & mandorle e un classico alle mandorle; gli altri, invece, rispettivamente per Profiteroles con chocolate caliente (profiteroles ricoperti di cioccolato caldo), una Crema Catalana ed un semplice sorbetto al limone. E tutto, anche questa volta, ha pienamente soddisfatto ciascuno di noi: i torroni, in versione piccoli assaggi, erano tutti ottimi, specie quello alla crema d’uovo; i profiteroles altrettanto deliziosi, in particolar modo per la panna e per il caldo cioccolato fuso sopra; la crema catalana delicata e con un’ottima crosticina di zucchero caramellato. E il sorbetto – scelto dalla sottoscritta -, nella sua semplicità, quasi non aveva nulla da invidiare agli altri dolci, dato il suo ottimo gusto di limone e la sua giusta temperatura fredda.

Un posto semplicemente unico il 7 Portes. Dove l’eleganza, la storia e la tradizione permeano tutto. Dando vita a molto più che ad un semplice ottimo ristorante.

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