Uovo in camicia: una ricetta apparentemente semplice, ma in realtà molto insidiosa. Ecco qualche consiglio e ricetta su come utilizzare al meglio questo ingrediente.
Scritto da Giorgia Fieni
Non riuscivo a mettere la cravatta all’uovo in camicia e quindi ho pensato di ordinare una pizza. Ma ho preso una capricciosa. Non verrà.
Nessuno come Groucho Marx riesce a esemplificare, con un motto di spirito, quanto un uovo in camicia possa essere insidioso. La ricetta dell’uovo in camicia, infatti, a dirsi, è facile: basta creare un’ebollizione di acqua e aceto, sgusciare l’uovo a parte, farvelo scivolare a filo nel punto in cui si origina il vortice e lasciare che l’albume racchiuda il tuorlo con naturalezza, in modo che possa solidificarsi lasciando morbido il contenuto. Perché questa “magia” abbia luogo senza che il tutto si disperda completamente nel liquido occorre però tener conto di qualche accortezza: l’uovo dev’essere freschissimo (perché la viscosità crei aderenza) e la pentola dev’essere profonda e contenente acqua in lievissima ebollizione (perché ne impedisca una rapida precipitazione e la formazione di schiuma).
Una volta che queste due condizioni siano state soddisfatte (e se così non fosse, come commenta Francesco Panella, non vi sono margini di errore possibile; non si può tornare indietro e si deve buttare via inevitabilmente l’uovo), possiamo passare al passo successivo, ovvero creare delle piccole modifiche. Usando l’aceto di mele, per esempio, che darà al tutto un sapore più dolce e maggiore digeribilità, o il vino rosso, per un tocco di forza, o la birra (servendo poi su crostoni al parmigiano con wurstel e senape). Ma anche aggiungendo cavolo rosso che darà al tutto una colorazione insolita. O fette di tuma, che poi copriranno le uova e saranno fritte.
Se i trucchetti hanno funzionato e la ricetta è riuscita come da manuale, esaltiamola a dovere creandole una presentazione scenografica. Affiancandole: coda di aragosta, spinaci saltati e pancetta; polpa di granchio e crema di brandy; filetti di tonno alla griglia e salsa olandese; lumache; zucca arrosto. Servita nel bicchiere su crema di verdure sormontata da piccolissimi dadini delle stesse, che danno l’elemento croccante. Posta su crema di pere e taleggio e cosparsa di noci. Ricoperta di salsa Mornay o una di yogurt intero e paprika. Su champignons grigliati, con formaggio di capra. Sui crostoni con salsa ai carciofi e besciamella. Gratinata, con cotto, pancarré e besciamella.
Quando saremo esperti e l’uovo in camicia diventerà il nostro “asso nella manica” (tanto per continuare la terminologia tipica dei maghi), potremo usarlo come ingrediente per altre ricette. Come ripieno per una crespella servita su crema di zucca piccante. In un fagottino fritto di tuma. In un toast con salmone, avocado e salsa di yogurt, rafano e prezzemolo. In un cestino di pasta sfoglia con mozzarella e besciamella alla panna e prosciutto. Nei pomodori, coperte di salsa tartara. In insalata con bacon croccante, misticanza, pomodori ciliegini, crostini e vinaigrette balsamica.
Infine, due uova in camicia super innovative: quello finto preparato da Simone Salvini, col tuorlo composto da una pallina congelata di carote, arancia e cumino avvolte in un albume di gelatina al pepe e latte di mandorla, il tutto racchiuso da un guscio di foglie di verza; quello di Nicola Portinari, presentato su una vellutata di asparagi come fosse una pallina su un campo da golf…con tanto di bandierina-grissino con cui raccogliere il mix una volta che la camicia si è aperta.
Vedete? Non è tanto difficile far indossare un indumento a un alimento!!!