Ecco la prima tappa del nostro consueto tour vincolo primaverile: Viniveri 2015!
Di Marco Dall’Igna
Dopo la bella esperienza dello scorso anno a Viniveri 2015 non potevo proprio mancare, appuntamento sempre a Cerea, sempre all’Areaexp “La fabbrica” ma con una novità: quest’anno l’apertura è stata anticipata al venerdì per evitare la sovrapposizione con le altre fiere veronesi. Tema dell’edizione 2015 la trasparenza dell’etichetta, cavallo di battaglia da molti anni del Consorzio Viniveri che mira all’obbiettivo di riportare in etichetta l’elenco degli ingredienti presenti nella bottiglia di vino.
Tra i tanti produttori partecipanti spicca la presenza di Emmanuel Giboulot, viticoltore francese, a cui era stata dedicata l’edizione 2014, divenuto simbolo nel mondo dei vini naturali per il suo rifiuto all’ordine del prefetto di utilizzare pesticidi nella sua vigna, opposizione che gli è costata un processo conclusosi con la sua assoluzione a fine 2014.
Appena entrato ho capito subito che la scelta di venire qui a Cerea il venerdì si è rivelata assolutamente azzeccata: il numero di persone presenti era infatti perfetto per godersi la fiera in tutta tranquillità, potendo quindi alternare gli assaggi con qualche piacevole chiaccherata con i produttori senza correre il rischio di essere sballottati a destra e a sinistra da qualche calca umana formatasi per l’occasione.
Ma veniamo ora ai veri protagonisti della giornata: I vini.

Come da consuetudine ad aprire le danze e a risvegliare i palati sono chiamate le bollicine, due quelle che mi hanno particolarmente colpito: Il Brut Nature di Christophe Mignon , Pinot Meunier in purezza dalla bella freschezza in bocca che, nonostante la recente sboccatura, si fa piacere parecchio, e il Fetemboulle 2014 di Jean Pierre Robinot distribuito da Meteri.it. Chenin blanc di straordinaria grandezza spumantizzato con il metodo ancestrale; vino emozionante, di grande freschezza e dall’alto rischio assuefazione. Finale ancora leggermente morbido perché esce senza aver svolto completamente tutto lo zucchero, qualche mese di affinamento in più non potrà fare altro che migliorarlo e renderlo completamente secco. Una volta provato diventerà un ospite fisso della vostra cantina, fidatevi.
Rimanendo oltralpe meritano una menzione speciale anche il Blanc de Blanc e il Blanc de Noir di Ruppert-Leroy, champagne convincenti e per nulla banali provenienti dall’Aube; rientrando in patria trovo una grande performance, come al solito, dei vini di Casa Coste Piane , Brichet specialmente. Prosecchi rifermentati in bottiglia con un bel finale sapido e minerale, che hanno il grande pregio di riconciliarmi con un territorio, quello di Valdobbiadene, dove ormai la fanno da padrone le grandi quantità e le logiche commerciali, che partoriscono vini sempre più simili tra loro, ideati appositamente per accontentare quanti più palati possibili e conquistare, di conseguenza, fette di mercato sempre maggiori. Inutile dire come tutto ciò sia inconciliabile con la qualità e distante anni luce dalla filosofia di Casa Coste Piane.
Passando ai bianchi fermi la scena la rubano di prepotenza, e con assoluto merito, gli chenin blanc importati da Meteri .
Si parte subito forte, ancora una volta, con il maestro Robinot: Cuvee Bistrologie 2012, uno chenin senza solfiti aggiunti da vini di 10-20 anni che flirta con l’ossidazione e rivela al naso note di frutta gialla e che sorprende in bocca con acidità e sapidità magistrali. Meraviglioso anche il successivo charme du loire 2012 ottenuto da vigne più vecchie del precedente, 30-40 anni, e con una maggiore complessità al naso.
Senza nulla concedere sul fronte della qualità si passa a Lise e Bertrand Jousset, piccola cantina nata nel 2004 che lavora con vigne da 5 a 100 anni. Note di frutta bianca al naso con acidità dirompente e bella sapidità per il Premier Rendez-Vous 2013, maggiore complessità ed eleganza per il magistrale Singulier Chenin 2013. Applausi a scena aperta li merita pure Renaud Guettier grazie ai suoi Le Pressoire De Saint Pierre , elegante e complesso con bella sapidità, e Les Dorres ,sapido e lungo dal profilo ossidativo volutamente spinto e ben amalgamato nel tutto.

Cambiamo zona e vitigno per una delle più belle sorprese di giornata il Launegild di De Fermo. Chardonnay in purezza,quasi un’eresia nella terra del trebbiano, dalla mineralità e acidità sorprendenti.
Una bellissima conferma sono invece i vini della Castellada , e non parlo solo dei bianchi qui è tutta la batteria ad essere da lacrime. Prestazioni da fuoriclasse per il tridente Riobolla Gialla 2009, Bianco della Castellada 2009 e Merlot 2005 . Vini sicuramente complessi e in grado di evolvere parecchio nel corso degli anni, ma che già ora spiccano per eleganza e bevibilità.
Con l’ingresso in bocca del primo sorso del Merlot 2005 finisce il tempo dei bianchi ed inizia il Valzer tra i calici di rosso.

Assaggio obbligato, dall’esito scontato, per le ultime annate di Cappellano e Rinaldi, meravigliose come sempre. Sorprende, ma fino ad un certo punto, la giovinezza irriverente ,nonostante i 10 anni di bottiglia, del Barolo Piè Rupestris 2005 con cui il buon Augusto decide di deliziare i visitatori.
Sempre in Piemonte altre grandi emozioni le regalano i vini di Serafino Rivella, partendo dal Dolcetto D’alba 2013 per finire con le due annate , 2010 e 2011, del Barbaresco Montestefano che inebria il naso con note di frutti di bosco, tabacco e spezie.
Continuando a girovagare tra i vini italici mi imbatto nel godurioso La Querciola Rosso IGt Toscana 2010 di Massa Vecchia, e nella leggiadra ed elegante batteria di La Visciola, piccola cantina Laziale che fa del Cesanese del Piglio la propria bandiera vinificando separatamente i suoi tre cru: Mozzata 2013, turbinio di fiori e frutti rossi con note terrose perfettamente integrate, Ju Quarto 2013, frutto rosso al naso fresco e leggero in bocca e Vignali 2013, più complesso dei precedenti con le note di fragoline di bosco che fanno a gara con quelle terrose.
Dal Lazio nuovo balzo in Piemonte per provare i Vini di Colombera e Garella. Golosissimo e pericoloso, per la facilità con cui si finisce la bottiglia, il Bramaterra 2011 che al naso manifesta un bellissimo ventaglio di erbe aromatiche. Beva travolgente anche per il Coste della Sesia Rosso che ho potuto apprezzare in tre differenti annate: 2012/2013/2014.
Impossibile concludere questa edizione di Viniveri senza assaggiare qualche rosso francese.
Piacevolissimi Le Petit Journal De Rapatel 2009 , dal naso fruttato e dalla bocca avvolgente e seducente, i giovani Borgogna di Chapuis e Chapuis, bella freschezza e bevibilità impetuosa, così come Il Prioundo Aop Corbieres e L’extreme IGP di Le Clos Perdus.
Questi ultimi assaggi hanno fatto calare il sipario sull’edizione 2015 di Viniveri, manifestazione che merita sempre una visita ,considerata l’elevata qualità media dei produttori partecipanti, e da cui mi congedo pienamente soddisfatto dando appuntamento a tutti all’anno prossimo.