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Vinopolis – La supremazia dell’export francese su quello italiano

Seconda puntata di Vinopolis: come mai all’estero soffriamo tanto la concorrenza dei vini francesi?
Di Fabio Mollica (foto: Luca Maruffa)

Secondo la Coldiretti, nel 2013 l’Italia ha battuto la Francia in quanto a produzione di vino: 44 milioni contro 43,5 milioni di ettolitri, una inezia. Ma è vero primato?

Intanto, c’è da rilevare che il dato deriva da un fattore, per così dire, “stagionale”, come l’aumento della produzione nazionale dell’8%, mentre oltralpe la crescita è stata ridimensionata al 3,9% rispetto ai 41,9 milioni di ettolitri del 2012. A favorire l’Italia è stato il maltempo che ha colpito la zona del Bordeaux.

Il problema però non sta tanto nella quantità del prodotto, quando nella quantità dell’export. È vero che il settore agroalimentare italiano è quello che registra i dati più significativi in materia di export, ma in molti paesi – forse tutti, ad esclusione della Germania – le etichette più presenti nei menù dei ristoranti sono ancora, e di gran lunga, quelle francesi.

Accade in Cina, dove scontiamo un gap incredibile, così come in Giappone, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Ovunque si consumi vino in larga quantità, i francesi sono riusciti ad arrivare prima di noi e soprattutto a fare meglio, favoriti (anche, ma non solo) dalla presenza sui mercati di mezzo mondo delle insegne della loro grande distribuzione.

Il problema allora, oggi, non è più (solo) la qualità dei nostri vini, né la quantità di nettare prodotto: è la loro commercializzazione. Bisogna studiare formule innovative di penetrazione nei mercati, a cominciare da quelli ancora emergenti come Cina, India e paesi del Sud Est asiatico.

L’esperienza di Eataly rappresenta il miglior esempio di come il Made in Italy possa essere esportato a livelli di eccellenza. Ma non basterà un Farinetti a risolvere i problemi del vino italiano. Imprenditoria e politica devono inventarsi qualcosa di nuovo, evitando di creare altri carrozzoni istituzionali che finora sono serviti solo a dividersi poltrone ben remunerate e sperperare denaro pubblico.

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