Vinopolis – Vel Aules 2009

Fabio torna con Vinopolis: oggi ci parla di un gran vino, il Vel Aules 2009: un prodotto nato dal potere delle contaminazioni.
Di Fabio Mollica

Andrea Surbone, della Fattoria Poggio Gagliardo di Montescudaio (Firenze), è un personaggio molto originale, nell’abbigliamento e nei modi da gentleman. L’ho conosciuto all’ultimo Vinitaly, grazie ad un amico comune, e dopo una chiacchierata e qualche degustazione, mi ha regalato una bottiglia del suo Vel Aules 2009, accompagnando al dono solo poche parole: «Questa è una sorpresa: quando lo berrà, capirà»

Per qualche mese, ogni tanto, mi è capitato di puntare lo sguardo a quell’etichetta, un po’ incuriosito, un po’ intimorito dalle parole di Surbone. L’altra sera, finalmente, l’ho aperta.

Non è stata una sorpresa, bensì un’esplosione. Di profumi e di sapori. La vera sorpresa sta tutta nella storia di questo rosso.

Surbone crede fermamente nelle contaminazioni: «Da esse, sovente, scaturiscono le scintille del progresso, dell’innovazione; contaminazioni fra i popoli, fra culture differenti o, semplicemente, fra ambiti diversi». E il suo Vel Aules nasce da una contaminazione, quella tra editoria e vino, perché segue alla lettera «quanto ritrovato in una superba biblioteca di antichi testi in cui un giorno fu reperito un volume dedicato all’enologia, datato inizio del Settecento. C’era scritto che nelle annate particolarmente buone è possibile vinificare in un certo modo».

Ecco allora che questo rosso, ottenuto da uve Malvasia (73,5%) e Colorina (26,5%) vendemmiate il 26 settembre 2009 e imbottigliate il 14 ottobre 2010, prende forma e sostanza in vigneto seguendo i precetti che stanno alla base della biodinamica, e non attraversa fasi di stabilizzazione, travasi, filtrazioni; nessun lievito selezionato aggiunto, nessuna lavorazione o aggiunta in cantina, né anidride solforosa. Le uve sono state raccolte a mano e pigiate con i piedi e l’unica macchina che l’ha toccato è l’imbottigliatrice.

Ecco, il Vel Aules è un vino diverso. Un salto indietro nel tempo, certo, ma anche un vino di grande attualità, visto il gran profluvio di parole che ogni giorni vengono dette e scritte su prodotti biologici, Ogm, vecchie tradizioni…

Un vino diverso e vitale, corposo (15°) e di grande eleganza, con intensi profumi di frutti rossi e una nota di pepe nero.

Resta da svelare l’ultimo segreto, il nome. In un libro che Surbone ha letto quando era bambino, si raccontava il viaggio che Vel Aules, adolescente etrusco, fece accanto al padre, da Populonia a Marsiglia. Certe cose tornano.

Infine gli abbinamenti: l’azienda non li suggerisce, perché «bere Vel Aules è comunque un piacere», scrive il produttore. Potrà sembrare una mancanza di modestia. Io l’ho accompagnato ad una frisa pugliese (profano!), poi ad una zuppa di legumi, infine con della carne. Surbone ha ragione: bere Vel Aules è comunque un piacere.

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